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La concezione della strega come di una donna dotata di poteri malvagi, ha origini antichissime e risale alla mitologia greca.
Vediamo insieme come si è diffuso, nel tempo, il timore delle “alleate del diavolo”
La credenza nelle streghe operatrici di discordie, principio e origini di ogni tipo di malattia , sofferenza e disgrazie, a causa dei loro forti legami con le forze oscure del male è, si sa, antica quanto il mondo.
La Bibbia già ce ne parla come di demoni femminili dediti a pratiche occulte contrarie alla morale e alla vera religione a tal punto che nell’Esodo espressamente si dice di non lasciar vivere “colei che è pratica di magia”.
La paura della donna dotata di malvagi e oscuri poteri è presente però anche nella tradizione culturale di molti popoli mediterranei.
Gli antichi greci e romani chiamavano con il nome di striges, sagae e lamiae alcuni esseri infernali che di notte si credeva assumessero l’aspetto di immondi uccelli dal corpo di serpente per meglio succhiare nelle culle il sangue dei bambini.
Molto in sintonia con queste diaboliche arti erano anche le apparizioni di ECATE, dea greca della fertilità, che, come si legge in E.Rohde, amava manifestarsi ai mortali ” nella luce attenuata della luna, nei crocicchi; non da sola. L’accompagna la sua schiera di donne: le anime di colore che non hanno avuto sepoltura e i riti religiosi a questa connessi, o che morirono di morte violenta o innanzi tempo. Queste anime non hanno quiete dopo la morte: trasvolano nel vento.
Per esse ed Ecate loro signora l’ultimo giorno di ogni mese si fanno nei crocicchi i “conviti di Ecate”; ad esse volgendo il capo si gettano i resti dei sacrifici lustrali per tenerle lontano dalle dimore degli uomini”. CIRCE, invece, bellissima figlia del Sole e della ninfa Perse, attraeva e seduceva gli uomini con le sue lusinghe, scrive OMERO nel decimo libro dell’Odissea, e li trasformava poi in animali al suo servizio.
Così fece, ad esempio, con gli incauti compagni di Ulisse allorché soffermandosi sulla porta della casa “della dea dai riccioli belli” l’udirono cantare.
“Quella di subito uscita dischiuse le lucide porte e li chiamava e coloro gli stolidi entrarono insieme. Unico Euriloco addietro restò, che pensava ad inganni.
Dentro li fece venire sedere su sedie e sgabelli: quindi lor diede del cacio e farina e mel giallo commisto tutto con vino pRAMèO: MESCOLAVA PO ANCHE NEL PANE ERBE MALIGNE perché LOR CADESSE LA PATRIA DAL CUORE.
Dopo che loro lo porse bevuto che l’ebbero subito.
Ella battea con la verga e così li chiudea nel porcile.
Ecco che avevano il capo e la voce ed il pelo di porci…”
(traduzione di G.Pascoli)
PRESSO I ROMANI
Alcune figure di maghe di poeti latini di epoca imperiale sono ancora legate alla capacità di preparare simili fatture per realizzare i loro perversi incantesimi.
ORAZIO, ad esempio, così ci descrive nel suo v libro degli Epodi una congrega di streghe intente all’uccisione di un ragazzo per ricavare dai suoi organi essiccati al sole un potente filtro d’amore.
“Il suo giovane corpo- si legge- avrebbe addolcito persino il rude cuore di un tracio ma Canidia con i capelli spettinati attorti di piccole vipere ordina che si facciano bollire su fiamme preparate secondo i riti della Colchide rami di fico selvatico strappati dalle tombe cipressi simboli della morte uova di rospo sporche di sangue penne di barbagianni erbe di Iolco e dell’Iberia ricca di veleni, ossa strappate dalle fauci di una cagna famelica.
Tutto prepara Sagana in vesti succinte spargendo l’acqua degli inferi per tutta la casa con i capelli irti come un riccio di mare o come le setole di un cinghiale che corre.
L’impietosa Veia scavava con una pala una fossa nel terreno.
Volevano sotterrare il ragazzo in modo che solo la testa affiorasse…per lasciarlo così morire lentamente di fame di fronte a pietanze che sarebbero state cambiate due o tre volte al giorno.
Non appena i suoi occhi diretti costantemente al cibo negatogli si fossero spenti avrebbero usato il suo midollo prosciugato”.
Nella PHARSALIA di Lucano è invece la tessala ERITTO a dominare la scena.
“Lei- scrive il poeta- ha sviluppato la sua triste arte in forme impossibili.
Per lei è un orrore abitare una casa in città… lei vive in tombe abbandonate da cui furono estratti gli spiriti dei morti lei è cara agli dei dell’Erebo…sotto i suoi passi bruciano le sementi il suo alito appesta l’aria che ancora è pura. Non prega gli dèi, non li invoca non conosce riti propiziatori e contamina gli altari spargendovi incenso rubato dai roghi…
Le sue mani producono omicidio su omicidio e quando ha bisogno necessita di sangue fresco che deve sgorgare da una gola squarciata è pronta ad uccidere per procurarselo…ogni tipo di morte umana le giova è utile.
Succhia il grasso dal mento di un cadavere di fanciullo.
Spesso quando viene sepolto un parente la strega si getta sul cadavere del congiunto e mentre lo bacia mutila il suo viso apre i suoi denti la bocca serrata gli morde via la punta della lingua e lascia sfuggire un mormorio dalle labbra fredde inviando così un orrido e misterioso messaggio all’ombra dello Stige”.
I SECOLI BUI DELL’INQUISIZIONE
Anche il cristianesimo dovette confrontarsi con la persistenza di queste antiche credenze.
Già nel x secolo il vescovo Reginone di Prumm esorta i i fedeli a tenere lontane dal corpo sano della Chiesa tutta quella grande moltitudine di scellerate, quando nocive donne, che nel cuore della notte istigate da Satana credono di cavalcare con Diana dea dei pagani “super quasdam bestias et multa spatia terrarum silentio pertransire” sopra certe bestie e di sorvolare così grandi distese di terre in silenzio)
L’emergenza dunque della convinzione che le streghe non fossero solo perfide assassine ma “esche e laccioli” del demonio per mandare le anime all’inferno “trasformò” del tutto la natura del loro crimine: da venefiche incantatrici divennero così anche apostate rinnegatici della fede cattolica di Dio e della sua salvifica missione nel mondo.
LA BOLLA DI INNOCENZO VIII
Molto interessante a questo proposito come ufficiale presa di posizione della Chiesa nei confronti di quanti si dedicavano a queste “eretiche gravità” e come relativo inizio dei processi di persecuzione delle streghe fu sicuramente la bolla “SUMMIS DESIDERANTIBUS AFFECTIBUS” (desiderando con tutta la nostra volontà) del 5 ottobre del 1484 del papa Innocenzo VIII.
“In verità è da poco pervenuto alle nostre orecchie non senza grande afflizione-scrive il Pontefice- che in certe regioni della Germania e nelle provincie, città, territori, distretti, diocesi di Magonza Colonia Treviri, Salisburgo, Brema parecchie persone di tutti e due i sessi immemori della propria salvezza ed allontanantosi dalla fede cattolica non temono di avere sconci commerci carnali con i diavoli incubi succubi di far morire e deperire i feti delle donne e degli animali le messi della terra le uve delle vigne e i frutti degli alberi e uomini donne bestiame grande e piccolo e d’ogni specie; inoltre vigneti giardini pascoli biade, cereali legumi per mezzo di incantesimi fatture scongiuri ed altre esecrabili pratiche magiche… di affligere e tormentare gli stessi uomini donne e piccolo e animali con crudeli tormenti interni ed esterni; di impedire agli uomini di generare e alle donne di concepire e di rendere impossibili ai mariti e alle mogli i loro atti coniugali.
Né temono di rinnegare con bocca sacrilega la fede che hanno ricevuta col battesimo e di commettere e perpetrare altri moltissimi nefandi crimini ed eccessi per istigazione del nemico del genere umano con pericolo delle loro anime con offesa alla maestà divina a con pernicioso esempio e scandalo dei più…”
(Innocenzo VIII dalla Bolla Summis Desiderantes 5.12.1484, in Magnum Bollarium Romanum, Augustae Taurinorum 1860).
IL “MALLEUS MALAEFICARUM”
In un simile clima di tensioni e di sospetti chiunque avesse avuto la sfortuna di attirare su di sé l’attenzione pubblica per comportamenti, attività, tenori e abitudini di vita appena fuori dalla norma non poteva non incappare nell’accusa di stregoneria. Di certo le donne vi incorsero più degli uomini.
E la ragione naturale è che, come si legge nel MALLEUS MALAEFICARUM(martello delle streghe), scritto nel 1486 dai due inquisitori tedeschi J. Sprenger e H.Institor e considerato poi il più completo ed esauriente manuale di misoginia medioevale “tutte queste cose hanno origine dalla cupidigia carnale che nelle donne è insaziabile.
Essendo inoltre di debole intelligenza, ciarlerie, colleriche, invidiose, vendicative, volubili smemorate mentitrici… già per il solo loro corpo sono più inclini a questa loro prostituzione diabolica”.
Gli uomini ne erano invece pressocchè immuni e ciò per il fatto stesso di essere stati prescelti da Dio per incarnarvisi.
Per riassumere, però, in modo più esauriente l’angolatura da cui nel XV secolo dovevano essere guardate le streghe basta leggere questo testo dedicato alle donne da un anonimo autore del tempo. Riportando un giudizio espresso nel IV secolo a.C dal filosofo TEOFRASTO, così ce le descrive:
“Dolore senza consiglio, sacco senza fondo, febbre continua che mai non finisce, bestia insaziabile, foglia menata al vento, canna vota, casa senza senso , pazza scatenata, capo di lussuria incendio di fuoco et rabia stemperata, principio senza fine amicizia tosto perduta, male senza niuno bene, di struggimento di case, immagine di diavolo, tempesta infernale; nella via uno agnolo, in casa uno diavolo, nel letto un cesso, nell’orto una capra”.
LE TORTURE
Individuate, dunque, dai loro persecutori negli strati più bassi e non colti della popolazione, spesso dedite per vivere alla raccolta di erbe piante fiori e frutti a scopo terapeutico, queste presunte streghe furono prese per la loro debolezza sociale e impossibilità di difendersi, e costrette, tramite le più crudeli torture, a confessare crimini mai commessi.
Processo per stregoneria istituito nel 1540- Ciò risulta evidente, del resto, dalla lettura dei verbali del processo che si tenne a Roma contro certa Bellezza Orsini di Collevecchio Perugina. “Io non so strea-dice difendendosi – e medico ogni cosa con mio olio fiorito… che ingenera la natura de tucti arbori e fiori e tutti quelli che fanno le erbe.
Io ho un libro di cento e ottanta carte dove stanno tutti li secreti del mondo boni e cattivi. Con quello ho imparato ed insegnato ad altri e l’ho imprestato a gran ministri e signori e voglio imprestare a vui e beati vui che starete in grazia de patroni e tucto quello che desiderate haverete”.
Quando però l’indiziata, e questo fu un caso, dopo molti interrogatori continuava a chiamarsi innocente veniva messo in moto il macabro rituale della tortura, efficientissima come ben ci ricorda M. de Cervantes in un famosissimo passo del suo Don Chisciotte “a spremere la verità dalle ossa della gente”.
Alla tortura si ricorreva, inoltre, tutte le volte che le prove a carico dell’accusata non erano state sufficienti a determinare la condanna.
Nei processi di stregoneria si partiva al presupposto che quanto più deboli erano gli indizi di colpevolezza tanto più necessario diveniva l’uso dei tormenti.
I metodi 2dell’acqua, della corda, del fuoco”.
Questi metodi erano quelli maggiormente praticati. Si operava soffocando, slogando, ustionando il corpo della vittima alla quale si poteva cavarle gli occhi, mozzarle le orecchie e stritolarle i seni.
Dopo un primo assaggio di questi tormenti molte erano quelle che pur essendo innocenti, o peggio ancora non sapendo nemmeno cosa significasse la parola stregoneria, si rivolgevano al proprio inquisitore dicendo: “Vostra eccellenza, mi dica cosa debbo confessare e io confesserò quello che lei vorrà”. Considerate artefici di vere e proprie congiure contro il genere umano la loro pena fu ul rogo sul quale spesso, come ultimo atto di clemenza, era loro concesso di essere strozzate prima di accendere il fuoco.
LE TEMIAMO ANCORA
La caccia alle streghe con tutte le sue prevaricazioni, intolleranze e violenze terminò, di fatto, nella seconda metà del 600 grazie all’erosiva critica dei sostenitori della scienza sperimentale che trasferirono queste superstizioni nell’ambito degli allora neonati studi psicopatologici.
In seguito, inoltre, vennero meno i processi inquisitoriali che avevano fatto, per quasi due secoli, da cassa di risonanza al propagarsi della credenza.
Tuttavia la paura delle streghe e dei loro arcani poteri non si è dissolta con il fumo degli ultimi roghi.
Ancora oggi, infatti, nelle tradizioni popolari, sopravvivono i miti, i riti, i pregiudizi e le leggende legate a questa atavica concezione del male.