Commento a "Porta a Porta" del 14/12/2001

di Massimo Fini
In una bella puntata di “Porta a Porta” Bruno Vespa, prendendo spunto da Harry Potter, ha trattato il tema della magia invitando al dibattito, tra gli altri, l’esorcista padre Amorth, il mago Othelma e l’antropologa Cecilia Gatto Trocchi, una scientista radicale del tipo di Margherita Hack o Rita Levi Montalcini. La Trocchi, spalleggiata da padre Amorth, ha preso naturalmente di mira Othelma affermando che “non esiste alcuna prova scientifica di atti di magia e nessuno ha mai visto un ragazzino volare a cavallo di una scopa”. Il che è discutibile, quanto però il fatto che non esiste nemmeno alcuna prova scientifica dell’esistenza di Dio. La magia o le sette e le grandi religioni codificate appartengono, a pari titolo, all’ambito dell’irrazionale. Ha quindi avuto buon gioco il mago Othelma quando, con un argomento razionalissimo, ha obiettato ad Amorth che la Chiesa accetta solo il proprio irrazionale negando validità a quello degli altri. Il fatto è che – per quanto possa apparire sgradevole – fra la magia o le sette (si tratti di Dianetics, dei Testimoni di Geova, dei seguaci del reverendo Moon, degli “arancioni” di Raineesh, dei “Bambini di Dio” o di quant’altro) e le grandi religioni condivise da centinaia di milioni di persone non c’è differenza qualitativa ma solo quantitativa: le prime stanno alle seconde come il pirata sta ad Alessandro Magno. Alessandro, dopo aver catturato un pirata che infestava i mari, gli concesse, prima di impiccarlo, la parola. E il pirata disse: “In verità io e te facciamo le stesse cose. Solo che tu le fai con trecentomila uomini e io con trecento. Per questo tu sei un re e io un pirata”.
Devo dire però che nel dibattito a “Porta a Porta” ad emergere come più intollerante non era il funereo Amorth né, tantomeno, il più divertente, scanzonato e ironico Othelma, ma proprio la scientista e razionalista Gatto Trocchi, la quale avrebbe voluto togliere il diritto di cittadinanza non solo si maghi, alle sette, alle religioni, ma anche alla fiaba e al sogno. Una delle più gravi e ottuse responsabilità dello scientismo alla Trocchi, alla Hack, alla Montalcini, che è il pensiero oggi di gran lunga dominante in Occidente, è stata di aver cacciato l’irrazionale dalla nostra vita, di aver consumato quella che Nietzsche, già sul finire dell’Ottocento, ha chiamato “la morte di Dio”, di aver assassinato ogni speranza metafisica. L’uomo è un animale tragico perché è il solo, nel vasto Creato, ad aver piena coscienza della propria esistenza e della propria morte. Per superare in qualche modo questa angoscia di morte si è inventato di tutto, le religioni, la filosofia metafisica, la magia, la fiaba, il sogno. Lo scientismo si è invece ingegnato, con uno zelo degno di miglior causa, a illuminare della sua luce gelida e ospedaliera ogni angolo dell’esistenza umana e a cancellare ogni possibilità di mistero. E ha avuto gioco facile: perché non esiste nessun mistero. Esiste, però, ineludibile, il bisogno che l’uomo ha del mistero. In una delle più belle pagine de “I fratelli Karamazov”, Dostoevskij mette in bocca al Grande Inquisitore, il novantenne cardinale di Siviglia, queste parole: “Oh, ne passeranno ancora dei secoli nel bailamme della libera intelligenza, della scienza umana e dell’antropofagia, perché avendo cominciato a edificare le loro torri di Babele senza di noi, andranno a finire con l’antropofagia. Ma verrà pure un giorno che la fiera s’approssimerà a noi, si metterà a leccare i nostri piedi e a innaffiarli con le lacrime di sangue dei suoi occhi. E noi monteremo sulla fiera e innalzeremo la coppa e su questa sarà scritto: mistero”.
Le religioni, monoteiste o animiste o panteiste, grandi o piccole, le sette, il satanismo, la magia, il pensiero metafisico, la fiaba e il sogno sono tutte illusioni a pari merito. Ma, come ha detto il grande storico olandese Johan Huizinga, un razionalista un po’ meno chiuso e fanatico degli attuali: “Anche le illusioni fanno parte della realtà”.

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