Arabia Saudita paradiso dei terroristi

di Luciano Sampietro
A distanza di un anno dall’attentato di Riyad del 12 maggio 2003, i terroristi hanno colpito una seconda volta l’Arabia Saudita con una clamorosa e sanguinosa azione.
Negli ultimi anni della guerra del Vietnam, Henry Kissinger soleva dire che era pericoloso essere nemico degli Usa, ma essere loro amico era fatale. In un editoriale apparso sul “The American Conservative” il 24 maggio, il giornalista Paul Buchana, dopo aver meditato sulle sorti di antichi alleati degli Usa come la Polonia, la Cina Nazionalista, il Vietnam del Sud, la Persia dello Scià e il Nicaragua si Somoza, si chiedeva se non fosse la volta dell’Arabia Saudita, il più affidabile alleato degli Stati Uniti in Medio Oriente.
L’Arabia Saudita ha conosciuto in questi anni un vertiginoso incremento demografico, che l’ha portata in soli cinquant’anni a decuplicare la popolazione. L’enorme numero di giovani ha comportato un problema occupazionale inesistente: oggi la disoccupazione sfiora il 20% e buona parte della gente si attesta su posizioni anti americane e occidentali. Non è causale che lo stesso Bin Laden sia un cittadino saudita. Qui Al Qaeda trova facile terreno e molti sostenitori.
Conseguenza di tutto ciò è stata una serie di misure preventive: indiscriminata di dissidenti della più varia colorazione politica, chiusura di centri islamici e di istituzioni di beneficenza, sospettati di raccogliere fondi per i terroristi. Insomma, uno stato di polizia.
Nel suo approfondito studio sull’attuale situazione dell’Arabia Saudita il C.S.I.S (CENTER FOR STRATEGIC AND INTERNATIONAL STUDIES)sottolinea come lo stato saudita abbisogni di un apparato di sicurezza ben più efficiente e di un esercito più moderno: affiora la sensazione di un tracollo imminente.
Nella quartina III 4, fondamentale per comprendere il futuro evolversi della situazione in Medio Oriente, Nostradamus, prevede non solo l’unificazione religiosa dell’Islam, ma anche grandi tensioni proprio in Arabia Saudita, dove Maometto aveva cominciato a predicare:

Quando il divario nell’Islam cadrà,
non vi è gran differenza tra loro,
rischi in frontiera, freddo, siccità,
pur dove il profeta iniziò il lavoro.

Ancor più sintomatico è il passo LXXV della Lettera di Enrico, dove il veggente scrive:
“E la stessa città della Mecca sarà attaccata ed assalita da ogni parte con gran violenza da gente d’armi”.
Si noti l’uso dell’espressione “gente d’armi”a voler proprio sottolineare che non si tratta di soldati ma di elementi irregolari, come appunto sono i terroristi. Aspettiamoci dunque nella città santa dell’Islam una nuova, clamorosa azione, talmente estesa da assumere i connotati di una vera e propria rivolta, fatto che non avrà certo un beneficio sul prezzo del petrolio, destinato ancora a salire vertiginosamente. 

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