La percezione extrasensoriale (ESP) – 2ª parte

di Bruno Severi (da Quaderni di parapsicologia)
Modalità di esecuzione delle prove
Utilizziamo le carte ESP o Zener che sono state usate più frequentemente. Viene mescolato il mazzo così da produrre un assetto casuale. Ciò può essere fatto ancor meglio ricorrendo ad un sistema meccanico di mescolamento. Lo sperimentatore, preparato il mazzo, guarda una carta alla volta con cadenza costante. Il percipiente, o soggetto, disposto in maniera da non potere vedere le carte, cercherà di indovinarne il simbolo. Vi sono molte maniere per dare la risposta che dipendono anche dal tipo di esperimento che si vuole fare e dallo scopo specifico da raggiungere (evidenziare la chiaroveggenza, la precognizione o la telepatia).
1. Risposta a voce, in cui il soggetto cerca di indovinare le carte man mano che vengono estratte dal mazzo; oppure, il soggetto si limita a chiamare l’una dopo l’altra le carte cominciando dalla prima in alto nel mazzo rovesciato, senza mai toccare le carte stesse.
2. Nella tecnica detta di accoppiamento aperto (open matching), il soggetto ha di fronte a sé, oltre al mazzo coperto, 5 carte scoperte, una per ogni simbolo, dette carte chiave. Senza parlare, toglie le carte coperte dal mazzo una alla volta ponendole accanto alla carta chiave a cui egli crede corrisponda. Alla fine si farà il confronto e si calcolerà il punteggio.
3. La tecnica di accoppiamento alla cieca (blind matching) è una variante della precedente, in cui le carte chiave sono coperte e naturalmente il loro ordine e simbolo non è conosciuto.
4. La tecnica di accoppiamento a contatto schermato. Il soggetto ha dinnanzi uno schermo opaco, aperto in basso e le 5 carte chiave. La modalità di esecuzione delle prove è simile a quelle delle tecniche precedenti. Lo schermo serve ad impedire al soggetto la vista dello sperimentatore e del mazzo di carte da indovinare; ciò è utile per evitare fughe sensoriali o che lo sperimentatore influenzi, anche inconsciamente, il soggetto. In tutti i casi è indispensabile stabilire anticipatamente il numero delle prove di ciascun esperimento, per cautelarsi contro l’eventuale critica di “arresto arbitrario “, che consiste nel terminare l’esperimento in una fase favorevole delle prove.
Nelle prove di telepatia sperimentale, oltre che le carte Zener, si può cercare di trasmettere dei disegni a vario grado di complessità. In questo caso c’è da tenere presente che il contenuto del messaggio telepatico non viene espresso dal percipiente con immagini o parole così chiare da fare drasticamente sentenziare: “Sì, ci ha preso”, oppure ” No, non ci ha preso”. Il contenuto del messaggio filtra, come ogni altro prodotto dell’inconscio, attraverso gli strati della psiche, specialmente la censura, che ne alterano, talora profondamente, il contenuto che deve essere pertanto riconosciuto ed interpretato.
Queste prove, ed ancor più quelle con le carte Zener, sempre uguali e ripetute centinaia o migliaia di volte, finiscono in genere per fiaccare la resistenza sia dei soggetti, sia degli sperimentatori. Per destare un maggiore coinvolgimento emotivo, si sono provate nuove vie di sperimentazione che stanno a metà tra una ricerca qualitativa ed una ricerca quantitativa. Una di queste è la “Remote Viewing”, o visione a distanza. Un agente si reca in un luogo scelto a caso e si ferma ad osservarlo con attenzione. Nello stesso momento il soggetto cerca di riconoscere il luogo e di descriverlo. Fatti vari esperimenti, i responsi vengono affidati a dei giudici esterni, così come la lista dei luoghi visitati. I giudici dovranno, in base alle corrispondenze che vi troveranno, accoppiare i responsi con i luoghi elencati. Lo sperimentatore verificherà l’esattezza degli accoppiamenti e stilerà un giudizio finale ed un punteggio.
Un altro tipo di esperimento, che come il precedente ha lo scopo di produrre e di evidenziare processi telepatici e chiaroveggenti, è stato progettato e provato anni fa dal C.S.P. di Bologna, con risultati più che lusinghieri. Si formano due gruppi, uno di trasmittenti ed uno di riceventi. I riceventi, ad un’ora prestabilita ed in casa loro, si pongono in “ascolto”, cercando di capire che cosa i trasmittenti stiano facendo. Questi ultimi sono infatti coinvolti in una “scena vissuta”, cioè stanno facendo qualcosa che li impegna o li diverte, come giocare a carte, far finta di gestire una farmacia, rompere con gusto dei vetri, ecc.. Dei giudici faranno poi un confronto tra i responsi dei percipienti e le scene bersaglio, come descritto per la “Remote viewing”. I risultati, le indicazioni e le correlazioni che sono state tratte da questo particolare, e per certi aspetti, divertente tipo di sperimentazione, sono stati assai promettenti. Si auspica, pertanto, che questi esperimenti con “scene vissute” vengano ripetuti ed approfonditi da altri gruppi di ricercatori.
Occorre, tuttavia, ricordare come, in questo tipo di sperimentazione, in genere il soggetto difficilmente indovini il bersaglio nella sua interezza, ma ne coglie delle parti, dei particolari più o meno rilevanti. Può cogliere la sola forma, il colore, l’idea, un particolare secondario e sfuggente o più di questi elementi contemporaneamente. Spesso, ed il C.S.P. di Bologna al riguardo se n’è fatta una notevole esperienza, si colgono invece delle idee parassite. Ovvero, quando una stessa immagine è stata trasmessa telepaticamente a più individui, un buon numero di questi riferisce idee o immagini tra loro coincidenti, ma che non hanno nulla a che fare direttamente con il bersaglio, ma possono invece avere con esso delle attinenze logiche. Quando, infatti, per fare un esempio, nel corso di un esperimento di telepatia fatto per radio dal dott. P. Cassoli e consorte, è stata trasmessa l’immagine di un pagliaccio, molti radiospettatori hanno ricevuto l’idea di una strada, molto probabilmente per associazione con il film “La strada” di F. Fellini.
Molti esperimenti sulla Psi richiedono una presentazione del tutto aleatoria, e pertanto non prevedibile dal soggetto, dei bersagli da cogliere. Molte critiche, spesso estremamente pesanti, ma talora giustificate, sono state fatte proprio sui criteri di aleatorietà utilizzati dai parapsicologi nelle loro prove. Per superare queste obiezioni, un numero sempre crescente di sperimentatori si è affidato ai sofisticati mezzi tecnici che la scienza poteva in quel momento provvedere. Ha iniziato lo stesso Rhine con un mescolatore meccanico delle carte in sostituzione del mescolamento manuale e con vari tipi di strumenti per il lancio automatico dei dadi; altri si sono affidati a circuiti oscillanti ad alta frequenza in grado di fornire successioni di numeri umanamente non prevedibili, o si sono rivolti a dispositivi elettronici con la stessa funzione, alcuni dei quali basati sul decadimento di particolari sostanze radioattive.

Valutazione statistica
Per sapere se una serie di esperimenti ha fornito risultati interessanti, ossia se hanno varcato la cosiddetta soglia di significatività, si ricorre all’applicazione di alcune semplici formule statistiche. Normalmente, la media dei risultati non coinciderà necessariamente con l’attesa casuale media, ma osserveremo una deviazione, o scarto, più o meno marcata rispetto al valore medio casuale. Tale deviazione è chiamata dispersione. Si può stimare un valore medio della dispersione, la cosiddetta “deviazione standard” (DS), che risulta essere uguale alla radice quadrata di npq, dove n è il numero delle prove che costituiscono un esperimento, p è la probabilità di successo casuale, e q è la probabilità contraria ( 1-p). Entro i limiti della deviazione standard si verrà a trovare la maggior parte di tutti i risultati delle prove nell’ipotesi che si verifichi un andamento casuale. Nel caso delle carte Zener, se il numero delle prove n è uguale a 2.500, la probabilità p è 1/5, mentre la probabilità contraria è 1-p=4/5 e DS sarà pertanto uguale alla radice quadrata di 2.500*1/5*4/5=20. Il che significa che la maggior parte dei risultati oscillerà attorno alla media casuale ( 500) di un valore massimo di 20. Per avere un indice di significatività più preciso, si calcola la “Ragione critica” ( CR) che è: CR=x-np/DS, ossia il rapporto tra l’eccedenza dei successi (x) rispetto alla attesa casuale e la deviazione standard. Ad ogni valore della Ragion critica corrisponde una precisa probabilità che il risultato sia extracasuale. Questa probabilità si ricava consultando le usuali tavole statistiche. La significatività minima considerata ancora valida nella sperimentazione parapsicologica è di 2,5 volte la deviazione standard, vale a dire RC= 2,5. Questo valore corrisponde ad una probabilità di 1 su 100 che il risultato sia dovuto al caso. Per RC= 3, sempre dalle tavole statistiche, otteniamo una probabilità su 370 che il risultato sia casuale. Con RC= 5, la probabilità del caso sale vertiginosamente a 1 su 754.000, il che significa che il nostro esperimento deve essere interpretato certamente con l’intervento di un fattore extracasuale. Quando otteniamo, invece, CR=0, tutti i risultati favorevoli registrati debbono essere considerati casuali. Altri criteri di valutazione statistica per semplici esperimenti di ESP sono il chi quadrato, l’analisi della varianza, ecc..
Uno dei maggiori vantaggi dell’applicazione del metodo statistico alla ricerca Psi è che essa consente di ovviare, in parte, alla mancanza di ripetibilità dei singoli fenomeni. E ciò grazie alla sua capacità di mettere in evidenza effetti Psi minimi, altrimenti non individuabili. L’aspetto negativo risiede nel fatto che non è possibile analizzare singoli fenomeni Psi nella loro dinamica particolare, ma coglie invece il loro comportamento d’insieme, riducendo di conseguenza picchi elevati ad anonime colline di scarso effetto.

Effetto di posizione (effetto declino e curva ad “U”)
Nell’analisi statistica dei risultati delle prove ESP sono emerse delle regolarità o, comunque, delle caratteristiche nella distribuzione dei risultati, che presentano notevole interesse, sia perché costituiscono delle anomalie inspiegabili con le leggi del caso, e quindi avvaloranti la realtà dell’ESP, sia perché rivelano delle modalità, in alcuni casi abbastanza ripetitive, con cui l’ESP tende a manifestarsi. La più frequente è l’effetto declino che consiste nella tendenza a diminuire i risultati positivi nel corso dell’esperimento. Questo effetto sembra mostrare una relazione tra capacità Psi ed i processi psicologici ordinari, come la memoria e l’attenzione. Risulta, infatti, che in taluni casi il soggetto si comporti come se si stancasse durante lo svolgimento delle prove.
Di particolare interesse sono le cosiddette curve ad “U”, consistenti nel fatto che un soggetto diminuisce il rendimento nel corso delle prove con una leggera risalita finale, ottenendo così i risultati migliori all’inizio ed alla fine della serie. La risalita finale si ha quando i soggetti sanno che l’esperimento sta per terminare. Anche nei fenomeni psicologici ordinari avviene che al principio ed alla fine dello svolgimento di una qualsiasi attività in cui è coinvolta una facoltà tipicamente psicologica, come l’attenzione, le prestazioni o i risultati sono migliori. Così, se si trascrive graficamente su un diagramma l’andamento del fenomeno, esso si distribuisce secondo una curva ad U. Serva in proposito qualche esempio. Il bambino che impara a memoria una poesia ricorda più il principio e la fine che la parte centrale. L’attenzione durante una conferenza è buona in principio, minima al centro, si rialza verso la fine.
Ebbene, anche negli esperimenti di ESP il fenomeno ha, in una data serie di prove, un simile andamento. Tale fatto è uno di quelli che ha maggiormente scosso la resistenza di molti ricercatori quando lo hanno riscontrato nel corso dei loro esperimenti. La sua importanza risiede nel fatto che dimostra inequivocabilmente la presenza, in un esperimento di ESP, di un fattore psichico. Se i risultati fossero semplicemente casuali o accidentali, questo effetto della curva ad “U” non potrebbe prodursi. Avremmo pertanto una distribuzione essenzialmente casuale dei risultati.

Il biofeedback
Quello stato psicofisiologico, caratterizzato all’elettroencefalogramma dalla prevalenza di onde alfa, è ritenuto molto interessante dai parapsicologi perché, in qualche caso, ha permesso ad alcuni soggetti di esprimere in modo assai convincente le loro potenzialità Psi. È uno stato di rilassamento psicomotorio, di calma, in cui una persona lascia fluire liberamente i pensieri e le fantasie che si presentano alla mente. Negli anni ’60, a San Francisco, Joe Kamiya, nel corso di uno studio sul funzionamento del cervello, scoprì una semplice tecnica che insegnò ai soggetti da lui sperimentati, per autoindursi uno stato mentale ricco di onde alfa. Quando, con l’ausilio di un elettroencefalografo, Kamiya riscontrava il comparire di queste onde, avvertiva il soggetto con un segnale convenzionale. Ciò permetteva a quest’ultimo di riconoscere il proprio ingresso nello stato alfa e, dopo un certo allenamento, di potere provocare, potenziare e gestire autonomamente questa condizione. Nacque, in questo modo, una nuova branca della neurofisiologia chiamata “biofeedback”, termine difficilmente traducibile in italiano. Alcuni lo rendono con “alimentazione a ritorno” o “processo con retroazione”, ecc.. Per chiarire meglio il suo significato, in cibernetica feedback indica un dispositivo, una struttura elettronica abbastanza complessa ed articolata, capace di regolare o modificare per proprio conto il suo funzionamento. Nei suoi sviluppi successivi, il biofeedback ha consentito di esercitare un certo controllo su alcuni processi interni come la generazione di particolari onde cerebrali, la variazione della propria pressione arteriosa, ecc..
Sulla scia di queste scoperte, lo psicologo americano C.T. Tart cercò di rimediare al calo delle “performances” Psi dovute all’effetto declino. Infatti, durante le prove di ESP, il soggetto non viene normalmente a conoscenza dei risultati ottenuti se non alla fine della seduta sperimentale. Ciò può risultare, alla lunga, psicologicamente frustrante, inoltre non gli permette di riconoscere la facoltà di percezione extrasensoriale nel momento stesso in cui si sta manifestando. Tart provò, con un lusinghiero successo, ad applicare le tecniche di biofeedback di Kamiya alla sperimentazione Psi. Man mano che i soggetti fornivano una risposta, venivano immediatamente informati da un segnale luminoso quando la risposta era esatta. Così facendo, sembrava verosimile che essi imparassero a riconoscere l’insorgere del fenomeno paranormale e che lo potessero gestire al meglio, evitando di dare risposte sbagliate. Il suo principale esperimento con la tecnica del biofeedback ha visto 722 indovinamenti su 5.000 prove, significativamente al di sopra dell’attesa casuale di 500 risposte esatte (essendo la probabilità di 1:10), Al momento attuale, la tecnica del biofeedback è divenuta un’applicazione quasi costante nello studio sperimentale dell’ESP e della psicocinesi.

Effetto “pecore-capre”
È stato rilevato che i soggetti che non sono convinti nell’esistenza dell’ESP (stranamente indicati come “capre”) hanno in genere una media di punteggi più bassa dei soggetti che invece credono nell’ESP (indicati come “pecore”). Molti di quelli che non credono nei fenomeni paranormali possono manifestare punteggi che sono quasi costantemente al di sotto della media casuale. Si è portati a credere che costoro, per ottenere i loro risultati negativi, debbano conoscere per via extrasensoriale i risultati positivi, per poi convertirli in risultati negativi, come se volessero dimostrare in questo modo il loro atteggiamento scettico nei riguardi dell’ESP.

Conclusione
I fenomeni paranormali di tipo Psi-cognitivo, sembra ormai chiaro, non si realizzano tramite gli organi di senso noti, ma sembrano rifarsi ad un canale di cui praticamente non si conosce nulla: né l’energia che li sostiene, né come questa supposta energia venga modulata alla fonte per codificare l’informazione, né l’organo attraverso il quale questa energia-informazione viene raccolta dal ricevente. Né, infine, sono noti i processi e le vie che fanno affiorare alla coscienza queste informazioni una volta che, in qualche modo, siano state decodificate dal ricevente. Ed ancora, tra le caratteristiche maggiormente tipizzanti questi fenomeni, forse le più sconcertanti sono quelle date dall’imprevedibilità e dall’ambiguità del loro modo di manifestarsi. Nessuno di noi può, a meno forse di casi veramente eccezionali, essere padrone al cento per cento delle proprie eventuali facoltà Psi. Anche quando queste esistono e compaiono con una certa frequenza, il loro riconoscimento è difficile, o perché singoli fatti vengono fatti rientrare nel comodo campo delle coincidenze, o perché si manifestano in forma complessa e non ne possiamo riconoscere pertanto la loro origine particolare.
Questo stato di cose ha fatto fiorire attorno al paranormale varie interpretazioni e vari atteggiamenti. In particolare la scienza non si è dichiarata soddisfatta dei risultati sin qui raggiunti. Vengono fatte critiche di carattere generale, critiche ai metodi e critiche all’eterogeneità della figura professionale dei parapsicologi. Tale figura non appare per niente ben definita: non si sa esattamente chi possa proclamarsi parapsicologo, quali titoli di studio debba esibire, a quali società di Parapsicologia debba appartenere, e perché tra i parapsicologi ci siano tante difformità di pensiero su questioni basilari e di principio sull’essenza stessa della Parapsicologia.
Da non trascurare, peraltro, il pesante dubbio che ancora grava su gran parte della sperimentazione Psi, concernente il sospetto di frode da parte dei sensitivi e, talora, anche da parte degli sperimentatori. Dubbio anche sui metodi sperimentali e sui criteri di valutazione dei risultati che appaiono spesso non uniformi e non sufficientemente rigorosi, se non errati. La scienza, nel frattempo, si pone in uno stato di attesa. Essa si aspetta che i parapsicologi forniscano, con tutte le dovute garanzie, degli esperimenti in cui la fenomenologia Psi si presenti con i caratteri della misurabilità delle eventuali forze in gioco e della riproducibilità. Inoltre, se non è possibile dimostrare i fenomeni sperimentalmente e renderli riproducibili, i parapsicologi dovrebbero almeno sviluppare una teoria plausibile sul loro modo di operare e sulla loro natura. Forse, come ha suggerito il prof. Ferdinando Bersani, i tempi non sono ancora maturi, occorre aspettare che altre scoperte in altre branche della scienza diano nuovi strumenti e nuova luce per rischiarare anche i bui meandri in cui sembrano operare i fenomeni paranormali. A questo riguardo, un particolare interesse ed una speranza sono rivolti a certi aspetti della ricerca cosiddetta di frontiera, sia della fisica, sia delle neuroscienze e della psicologia.
L’impressione generale che oggigiorno si può ricavare è che la distanza tra la fenomenologia paranormale e quella di altre discipline vada gradualmente diminuendo. La natura stessa del mondo materiale viene discussa e riveduta, i principi finora imperanti nella scienza sembrano in buona parte inadeguati a comprendere quanto di nuovo traspare all’orizzonte. Da un fermo ed inossidabile meccanicismo, specie nelle scienze fisiche, si sta passando ad una visione intima della realtà sempre più rarefatta e sfuggente. La materia perde consistenza per trasformarsi in qualcosa di quasi impalpabile, astratto, retto a sua volta da regole che sembrano scaturire più dalla mente di un filosofo o di un iniziato che da quella di uno scienziato. E non è escluso che in questo magma sempre più informe, rappresentato da una scienza in vertiginosa trasformazione, possano inserirsi anche i fenomeni paranormali, conquistandosi una nicchia che, seppure piccola, appare ai nostri occhi preziosa.

Note
(nota 1) W.E. Cox, a questo proposito, ha condotto un’attenta ricerca ed ha verificato che negli Stati Uniti il numero dei passeggeri presenti sui treni coinvolti in disastri ferroviari era, in genere, mediamente inferiore a quello dei passeggeri presenti sugli stessi treni nei 10 giorni precedenti la sciagura.  

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