La percezione extrasensoriale (ESP) – 1ª parte

di Bruno Severi (da Quaderni di parapsicologia)
La percezione extrasensoriale comprende quei fenomeni che portano all’acquisizione di informazioni per via anomale o sconosciute. Per tale ragione, questi fenomeni vengono anche definiti psi-cognitivi. L’ESP viene comunemente suddivisa in tre categorie, anche se non si è certi che questa divisione rappresenti la vera realtà delle cose. In ogni modo, manteniamo questa impostazione che ci permetterà una più facile comprensione dei fenomeni in esame.
LA TELEPATIA ( lettura del pensiero, suggestione mentale, trasmissione del pensiero) è quel processo mediante il quale una persona viene a conoscenza di uno o più contenuti mentali di un’altra persona, senza l’ausilio dei cinque sensi e di alcun altro mezzo di comunicazione noto.
LA CHIAROVEGGENZA (telestesia, paragnosia e metagnomia)
è quel processo mediante il quale una persona viene a conoscenza di una realtà oggettiva al di là della portata dei cinque sensi e delle possibilità convenzionali di apprendimento e potendo escludere la Telepatia.
LA PRECOGNIZIONE
è la conoscenza di eventi futuri assolutamente non prevedibili e che non possono essere favoriti in nessun modo da chi fa la predizione.

ESP spontanea
Da un altro punto di vista, i fenomeni paranormali si possono ulteriormente suddividere in spontanei e in sperimentali. I primi avvengono per lo più spontaneamente, appunto, senza che noi possiamo prevederli, accadono in modo inatteso, imprevedibili nei modi e nei tempi della loro manifestazione, quando cioè meno ce lo aspettiamo. E sono proprio questi i fenomeni di tipo più sconvolgente, perché sono portatori di notizie o intuizioni spesso importanti, talora tragiche, meno spesso invece del tutto banali. A chi di noi non è accaduto, se non proprio per esperienza diretta almeno per sentito dire, di conoscere inspiegabilmente cose che umanamente non avrebbe potuto apprendere e che gli sono state utili per evitare fatti spiacevoli, o scongiurare pericoli imminenti? Queste esperienze conoscitive si manifestano di solito sotto forma di sensazione, di idea improvvisa, di sogno, alcune volte di visione o di allucinazione. Per poter meglio inquadrare questi fenomeni di volta in volta così diversi, il fisiologo russo Leonid Vassiliev ha suddiviso la telepatia (ma il discorso potrebbe valere anche per la chiaroveggenza e la precognizione) in cinque classi, comprendendo la prima classe sensazioni molto vaghe di qualche messaggio, senza che il percipiente sappia riconoscere chiaramente il contenuto e l’eventuale fonte. A posteriori impara che un fatto è successo ed ha tutti i requisiti per collegarsi a quella strana sensazione. Nella seconda classe, il messaggio percepito è legato ad una persona precisa, ma il contenuto di quel messaggio è ancora assai vago. Nella terza classe, il percipiente conosce anche i dettagli di ciò che è successo alla persona (o alla situazione) a cui corre il suo pensiero, però, molto spesso, i dettagli assumono una forma simbolica. Quindi, nella quarta classe, il percipiente vive allucinatoriamente l’esperienza telepatica, ossia proietta all’esterno immagini fornitegli dall’inconscio ritenendole del tutto reali. Infine, la quinta classe comprende un tipo di fenomeno piuttosto strano, ma non per questo meno frequente. Si tratta dell’O.B.E. (“out of the body experiences”), in italiano letteralmente: esperienze fuori dal corpo. Il sensitivo si sente come uscito dal proprio corpo e con la mente (?) può visitare altri luoghi, anche distanti, e riferirne al ritorno. Sarebbe, dunque, una forma di chiaroveggenza viaggiante.
Facciamo ora un esempio di un caso che potrebbe rientrare nel primo gruppo della classificazione di Vassiliev, non importa per ora stabilire di quale tipo di fenomeno Psi cognitivo si tratti. Una persona è solita prendere un certo treno ed un giorno, senza sapersi spiegare il motivo, decide di prendere il treno successivo. Lascia partire il suo solito treno indeciso se considerarsi uno sciocco od un superstizioso. Ma c’è qualcosa di strano oggi nei suoi pensieri, c’è una strana sensazione, forse un presentimento che non lo lascia tranquillo. O, forse, è solo sotto l’influenza di brutti sogni avuti nella notte. Nel dubbio è meglio stare nel sicuro, quel treno oggi ha per lui un’aria un po’ sinistra, non lo vede con la stessa indifferenza delle altre volte . E lo lascia partire attendendo il successivo. A questo punto le possibilità, naturalmente, sono due: la prima è che non accadrà nulla di particolare, il treno arriverà normalmente a destinazione. La seconda possibilità è facilmente intuibile: qualcosa di brutto o di spiacevole si verificherà su quel treno. E quell’uomo ha fatto bene a seguire quel presentimento, a lasciarsi guidare da quella strana sensazione: queste cose saranno anche superstizioni, ma non si sa mai. E lasciamo finire la storia su questa seconda possibilità, cioè che quell’uomo ha veramente evitato un pericolo perché qualcosa di spiacevole succederà su quel treno (1). Ammessa questa conclusione, che cosa ciascuno di voi si sentirebbe autorizzato a credere? Forse che è stato un caso, quella persona ha dormito male, non era nel suo centro, vedeva le cose storte quel giorno e fortuitamente, ed anche fortunatamente, è arrivato alla decisione di rimandare la partenza. È stata una semplice coincidenza.
Vi è mai capitato di trovarvi con una persona e state per dire una parola e proprio nello stesso momento l’altro pronuncia la stessa parola? Oppure di stare per intonare il motivo di una canzonetta e chi vi sta accanto vi precede di una frazione di secondo nel canticchiare la stessa canzone? O, ancora, state pensando ad una persona, magari di cui non avete notizie da tanto tempo e proprio in quell’istante sentite suonare il telefono o alla porta… ed è proprio lei? Anche questi fatterelli che vi ho raccontato si possono spiegare benissimo con le coincidenze: succedono tante cose nella vita di tutti i giorni, qualche coincidenza del genere può benissimo capitare. Eppure, quando questi fatti succedono, molti rimangono perplessi e non riescono a cacciare il dubbio che possa essere stato qualcosa di diverso dal caso. Specialmente se a qualcuno questi fatti strani capitano con una certa frequenza o se questi fatti possiedono dei risvolti di una considerevole importanza, a volte anche decisiva nella vita di chi li sperimenta (ad esempio, la conoscenza della morte di un familiare o di una disgrazia di altro genere). Ma se supponiamo che alcune volte questi fatti possono non dipendere dal caso, allora da cosa derivano? Ricordiamo che queste conoscenze, in base ad ogni canone logico-scientifico, non dovrebbero esistere. Infatti, che cosa ci autorizza a credere di potere alcune volte conoscere eventi futuri, o fatti che avvengono al di là della portata dei nostri sensi, o di percepire il pensiero altrui? Sono questi alcuni dei problemi che si è posta la parapsicologia e che cerca di studiare e di capire.

ESP sperimentale
Ma ancora non abbiamo potuto scartare l’ipotesi che sia proprio il caso a consentire queste situazioni e che, anziché di fatti paranormali, non si tratti invece di coincidenze. A questa domanda, che viene spontanea davanti a tanti fatti aneddotici, ha cercato di fornire una risposta il secondo aspetto della ricerca paranormale, ossia quella sperimentale. Si dice fenomenologia sperimentale o quantitativa quella che si cerca di produrre o favorire in laboratorio, che è condotta da persone altamente qualificate con i metodi ed i mezzi che la scienza attuale ci fornisce.
Perché una ricerca nel campo della fenomenologia ESP possa dirsi condotta in modo veramente sperimentale, occorre che:
1. il fenomeno sia provocato, o condizionato, dallo sperimentatore;
2. esista un ” bersaglio” ben definito, anche se complesso;
3. ci sia un responso formulato dal percipiente e controllato da almeno due sperimentatori;
4. che le condizioni sperimentali escludano, in modo categorico, ogni trucco e fuga sensoriale;
5. che il responso escluda ogni processo deduttivo-logico.
Fatto questo, lo sperimentatore formulerà un giudizio di valore per ogni responso e cercherà di tradurre i risultati in termini quantitativi.
La maggior parte dei parapsicologi moderni assume come punto di riferimento, per l’impostazione metodologica del proprio lavoro, l’opera di J. Banks Rhine, ricercatore americano ritenuto un po’ il padre della parapsicologia moderna. La sua opera rappresenta un momento fondamentale nella storia della parapsicologia di questi ultimi decenni. Egli comprese che, per un solido riconoscimento da parte della scienza ufficiale della fenomenologia paranormale, occorreva superare la fase aneddotica riguardante un complesso di fatti straordinari variamente documentati (in genere poco o nulla). Per superare quella fase di stallo in cui si veniva a trovare la parapsicologia, egli riteneva che si dovessero progettare degli esperimenti che fossero in grado di fornire risultati ripetitivi e che consentissero di misurare, quanto più dettagliatamente possibile, le misteriose forze in gioco e le variabili che influenzano e favoriscono tali fenomeni. Il tutto in condizioni controllate di laboratorio e con una metodologia ineccepibile.
La sua impostazione metodologica generale, ispirata principalmente a quella delle scienze fisiche-matematiche e psicologiche, è divenuta un riferimento standard per i ricercatori di tutto il mondo. Il primo obiettivo della sua ricerca nel campo dell’ESP fu di rispondere, mediante una indiscutibile evidenza matematica, alla questione dell’esistenza e della frequenza di questi fenomeni. Le sue tecniche sperimentali sono estremamente semplici. Se, ad esempio, si vuole provare la chiaroveggenza, basta prendere un mazzo di carte, mischiarle accuratamente e nasconderle dalla vista del soggetto che deve indovinare quale sia la sequenza casuale delle carte stesse. Anche lo sperimentatore non deve conoscere l’ordine delle carte. Il soggetto deve pertanto “vedere” attraverso il mazzo e cercare di riconoscere il maggior numero possibile di carte nella sequenza in cui si trovano nel mazzo. Statisticamente si può calcolare quale sia la probabilità che un soggetto indovini un certo numero di carte per caso. Ad esempio, con un mazzo di 52 carte c’è una probabilità di 1 su 52 di indovinare una carta estratta a caso dal mazzo, di 1 su 2.704 di indovinarne due , una di seguito all’altra, di 1 su 140.608 di indovinarne tre e di 1 su 7.311.616 di indovinarne quattro di seguito. La differenza tra i successi ottenuti (il numero di carte indovinate) e la media casuale è detta deviazione. È intuitivo che in un esperimento tanto più la deviazione è grande, cioè tanto più i risultati si discostano dalla media probabilistica, tanto maggiore significatività acquisterà il risultato dell’esperimento.
Oltre un certo valore della deviazione, è chiaro che è da escludersi in modo pressoché assoluto che l’indovinamento possa essere accaduto casualmente. Bisogna allora vagliare altre spiegazioni: possiamo pensare, per esempio, che il soggetto sperimentato conoscesse già da prima la sequenza delle carte, oppure che egli sia riuscito a sbirciare la distribuzione delle carte nel mazzo durante l’esperimento. Possiamo così ipotizzare una causa normale. Ma se queste cause possono essere ragionevolmente escluse, allora si deve pensare che l’indovinamento sia avvenuto per altre ragioni.
Inizialmente, furono usate dal prof. Rhine carte i cui simboli erano numeri da 1 a 10. In seguito, il Dr. Karl Zener, dello staff dell’Istituto di Rhine, creò delle carte particolari che presero il suo nome: carte Zener, dette anche carte ESP. Si tratta di un mazzo di 25 carte, con 5 simboli ripetuti 5 volte: il cerchio, la croce, il quadrato, la stella e le onde. I simboli erano schematici e facili da ricordare. Questo tipo di carte furono quasi universalmente adottate dai parapsicologi. Furono compiuti da Rhine e dal suo staff esperimenti su base statistica per lo studio della chiaroveggenza e della telepatia. I soggetti venivano selezionati in base a test esplorativi, poi si passava agli esperimenti veri e propri.
Essendo 25 le carte Zener ed ogni simbolo essendo rappresentato 5 volte, la probabilità di indovinare una carta è uguale ad un quinto, ossia nel tentativo di indovinare tutte le 25 carte del mazzo, l’attesa media casuale dei successi è uguale a 5. Ogni serie di 25 prove, cioè quelle fatte su un mazzo intero, costituisce un esperimento. Usando le carte Zener, Rhine provò numerosi soggetti non selezionati nella Duke University a Durham, nel Nord Carolina. Nei primi tre anni di sperimentazione, riuscì a trovare 8 validi soggetti. Nel totale di 85.724 prove che condusse con essi, questi ottennero 24.364 successi, cioè 7.219 in più di quelli attesi per caso. Questo risultato ha una probabilità di avvenire per caso di 1 diviso 10 alla ventitreesima potenza ed è tale, è chiaro, da far ritenere che ci sia stato un fattore extracasuale che ha determinato un punteggio del genere. Cosa poteva mai essere questo fattore che non era la casualità a fare indovinare ai soggetti sperimentati da Rhine al di sopra della media probabilistica? La ESP cominciava finalmente ad affermare, a piccoli passi, la sua esistenza.
Il metodo sperimentale di Rhine su base statistica con le carte Zener è applicabile sia alla telepatia, sia alla chiaroveggenza, e sia alla precognizione. Esso è importante perché riesce ad evidenziare doti di ESP in persone non selezionate, prese a caso, sfruttando la legge dei grandi numeri. Infatti, Rhine non si aspettava che il soggetto indovinasse tutte le carte ma, facendo migliaia e migliaia di prove con soggetti anche non particolarmente dotati, un minimo di ESP può venire evidenziato e può assumere un valore di significatività elevato. In altre parole, ogni deviazione dalla media, anche se piccola, se si mantiene per un numero molto grande di prove, acquisterà una significatività elevatissima. Ad esempio, se su 25 prove con le carte Zener ottengo un risultato di 6 invece che di 5 (che è il valore medio casuale), il peso di questo risultato è minimo per affermare che possa essere stato ottenuto grazie ad un fattore extracasuale. Ma se il valore medio di 6 lo ottengo su diverse migliaia di prove, esso comincerà ad avere un interesse notevolissimo. E per un numero ancora più elevato di prove, anche un risultato medio di poco superiore a 5 (ad esempio 5,2 o 5,3), verrà ad assumere un grande rilievo. E poiché i soggetti studiati da Rhine sembravano percepire senza l’ausilio dei sensi, fu coniato il termine di “percezione extrasensoriale” (extrasensory perception), abbreviato più semplicemente con la sigla “ESP”.

 

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