Glossario Teosofico: Y

Y – Venticinquesima lettera dell’alfabeto Inglese, e decima di quello Ebraico – lo Yod. È la litera Pythagorae, la lettera e il simbolo Pitagorico che indica i due rami, o sentieri, della virtù e del vizio, rispettivamente, quello di destra che conduce alla virtù e quello di sinistra al vizio. Nel misticismo Cabalistico Ebraico, rappresenta il membro maschile fallico, e anche il numero dieci, il numero perfetto. Simbolicamente, è rappresentata da una mano con il dito indice piegato. Il suo equivalente numerico è dieci.
YADAVA (Sans.) – Un discendente di Yadu; della grande razza in cui nacque Krishna. Il fondatore di questa linea fu Yado, figlio del Re Yayati della Razza Lunare o Somavansa. Fu sotto Krishna, che certamente non è un personaggio mitico, che venne fondato il regno di Dwaraka nel Gujarat; dopo la morte di Krishna (3102 a. C.) tutti gli Yadava presenti in città perirono, quando essa fu sommersa dall’oceano. Solo pochi degli Yadava, che erano lontani dalla città al momento della catastrofe, scamparono per perpetuare questa grande razza. I Raja di Vijaya-Nagara sono ora tra i pochi rappresentanti di essa.
YAH (Ebr.) – La parola, come è affermato nello Zohar, attraverso la quale gli Elohim formarono i mondi. La sillaba è un’abbreviazione ebraica e una delle molte forme del “Nome Misterioso” IAO (vedi “Iaho” e “Yaho”).
YAHO (Ebr.) – Fürst mostra che Yaho è lo stesso del greco Iao. Yaho è un antico nome Semitico, molto mistico, della divinità suprema, mentre Yah (v.) è una sua successiva abbreviazione che, dall’iniziale significato di ideale astratto, venne infine applicato e connesso al simbolo fallico – il lingham della creazione. Sia Yah che Yaho erano “nomi misterici” Ebraici, derivanti da Iao, ma i Caldei avevano uno Yaho prima che gli Ebrei lo adottassero; per essi, come è spiegato da alcuni Gnostici e Neoplatonici, esso era la più alta divinità concepibile posto in trono al di sopra dei sette cieli e rappresentante la Luce Spirituale (Atman, l’universale), il cui raggio era Nous, che stanno entrambi per il Demiurgo intelligente dell’Universo di Materia e per il Manas Divino nell’uomo, che sono entrambi Spirito. La vera chiave di tutto ciò, comunicata solo agli Iniziati, era che il nome di IAO era “trilitterale e la sua natura segreta”, come spiegato dagli Ierofanti. Anche i Fenici avevano una divinità suprema il cui nome aveva tre lettere, dal significato segreto, che era pure Iao; e Y-ha-ho era una parola sacra nei Misteri Egiziani, che significava “la divinità una, eterna e celata” nella natura e nell’uomo; cioè “la Divina Ideazione universale”, e il Manas umano, o Ego superiore.
YAJNA (Sans.) – “Sacrificio”, il cui simbolo o rappresentazione è ora la costellazione Mriga- shiras (testa di cervo) ed anche una forma di Vishnu. “Lo Yaina”, dicono i Brahmani, “esiste dall’eternità, poiché procede dal Supremo, nel quale esso giace dormiente dal non-inizio”. È la chiave per la Trai-Vidya, la scienza tre volte sacra contenuta nei versi del Rig-Veda, e che insegna lo Yajna, o misteri sacrificali. Come afferma Hang nella sua Introduzione all’Aitareya Brahmana – lo Yajna esiste come presenza invisibile in ogni epoca, e si estende dall’Ahavaniya o fuoco sacrificale, fino ai cieli formando un ponte o scala tramite cui il sacrificante può comunicare con il mondo dei deva, “e persino ascendere da vivo alle loro dimore”. È una delle forme di Akasa, dentro la quale la PAROLA mistica (o il “Suono” sottostante) la chiama in esistenza. Pronunciata dal Sacerdote-Iniziato o Yogi, questa PAROLA riceve poteri creatori, ed è comunicata come un impulso sul piano terrestre tramite una forza di volontà allenata.
YAKIN e BOAZ (Ebr.) – Un simbolo Cabalistico e Massonico. I due pilastri di bronzo (Yakin, maschio e bianco; Boaz, femmina e rossa), eretti da Hiram Abif di Tiro, chiamato il “Figlio della Vedova”, per il supposto (Massonico) Tempio di Salomone. Yakin era il simbolo della Saggezza (Chokmah), la seconda Sephira; e Boaz, quello dell’Intelligenza (Binah); il tempio compreso fra i due era considerato come Kether, la corona, Padre-Madre.
YAKSHA (Sans.) – Classe di demoni che, nel folklore popolare Indiano, divorano gli uomini. Nella scienza esoterica sono semplicemente le influenze malefiche (elementali), che secondo l’intuizione di veggenti e chiaroveggenti, discendono sugli uomini, quando si aprono alla ricezione di tali influenze, come una cometa ardente o una stella filante.
YAMA (Ebr.) – La personificazione della terza razza-radice secondo l’Occultismo. Nel Pantheon Indiano, Yama è il soggetto di due distinte versioni del mito. Nei Veda egli è il dio dei morti, un Plutone o un Minosse, con il quale dimorano le ombre dei dipartiti (i Kamarupa in Kamaloka). Un inno parla di Yama come del primo degli uomini che morì, e del primo che partì verso il mondo della beatitudine (Devachan). Questo, perché Yama è l’incarnazione della razza che fu la prima ad essere dotata di coscienza (Manas), senza la quale non vi è né Cielo né Ade. Yama viene presentato quale figlio di Vivaswat (il Sole). Egli aveva una sorella gemella di nome Yami, che stava sempre a suggerirgli, secondo un altro inno, di prenderla in moglie, al fine di perpetuare la specie. Quanto detto ha un significato simbolico molto suggestivo, che è spiegato in Occultismo. Come rileva acutamente il Dr. Muir, il Rig-Veda – la massima autorità sui miti primordiali che fanno risuonare la nota chiave dei temi che soggiacciono sotto tutte le susseguenti variazioni, non mostra mai Yama “come avente a che fare con la punizione dei malvagi”. Come re e giudice dei morti, cioè come Plutone, Yama è una creazione molto successiva. Occorre studiare il vero carattere di Yama-Yamî attraverso più di un inno e poema epico, e collegare i vari racconti fioriti in dozzine di opere antiche, solo allora si otterrà un accordo sulle affermazioni allegoriche che corroboreranno e giustificheranno l’insegnamento Esoterico; Yama-Yamî è il simbolo del Manas duale, in uno dei suoi significati più mistici. Ad esempio, Yama-Yamî è sempre rappresentato di colore verde e vestito di rosso, che abita in un palazzo di rame e ferro. Gli studenti di Occultismo sanno a quale dei “principi” umani devono essere applicati il verde ed il rosso e per analogia il ferro ed il rame. Il “duplice reggitore”, nome di Yama-Yamî, è considerato, negli insegnamenti exoterici dei Buddisti Cinesi, sia quale giudice che come criminale, colui che controlla le proprie azioni malvagie e quelli stesso che fa il male. Nei poemi epici Indiani, Yama-Yami è il figlio gemello del Sole (la Divinità) tramite Sanjna (coscienza spirituale); ma mentre Yama è l’ariano “Signore del giorno”, che appare come simbolo dello spirito all’Oriente, Yamî è la regina della notte (tenebre, ignoranza)” che apre ai mortali il Sentiero dell’Occidente” emblema del male e della materia. Nei Purana Yama ha molte mogli (molte Yamî) che lo costringono a dimorare nel mondo inferiore (Patala, Myalba, etc., etc.,); e un’allegoria lo rappresenta con i piedi sollevati, mentre prende a calci Chhaya, la serva di suo padre (il corpo astrale di sua madre, Sanjna, un aspetto metafisico di Buddhi, o Alaya). Come è affermato nelle Scritture Indiane, un’anima, quando lascia la sua struttura mortale, si rifugia nella sua dimora, nelle regioni inferiori (Kamaloka o Ade). Una volta lì, l’Archivista, il messaggero Karmico chiamato Chitragupta (luminosità nascosta o celata), legge il suo bilancio dal Grande Registro, su cui durante la vita dell’essere umano, ogni azione e pensiero sono indelebilmente impressi e, secondo la sentenza pronunciata, “l’anima” ascende alla dimora dei Pitri (Devachan), o discende “all’inferno” (Kamaloka), o rinasce sulla terra in un’altra forma umana. Lo studioso di filosofia Esoterica riconoscerà facilmente il significato delle allegorie.
YAMABUSHI (Giap.) – O Yamabusi. Una setta, in Giappone, di mistici molto antichi e riveriti. Sono monaci “militanti” e guerrieri, in caso di bisogno, come lo sono certi Yogi in Rajputana e i Lama in Tibet. Questa fratellanza mistica dimora principalmente nei pressi di Kioto, e sono rinomati per i loro poteri di guaritori; dice l’Enciclopedia, che spiega il nome “Fratelli Eremiti”: “Essi rivendicano arti magiche, e vivono nei recessi di montagne e dirupi scoscesi, dai quali vengono a predire la fortuna (?), a dire degli incantesimi e a vendere amuleti. Conducono una vita misteriosa e non ammettono nessuno ai loro segreti, se non dopo una tediosa e difficile preparazione che consiste in un digiuno ed un tipo di severi esercizi ginnici” (!!).
YASNA (Pahl.) – La terza divisione della prima delle due parti dell’Avesta, la Scrittura dei Parsi Zoroastriani. Lo Yasna è composta di litanie dello stesso tipo di quelle del Visperad (la seconda divisione) e di cinque inni o gatha. Questi gatha sono i frammenti più antichi della letteratura Zoroastriana conosciuta dai Parsi, poiché sono scritti “in un dialetto speciale, più antico della lingua normale dell’Avesta”. (Darmesteter).(Vedi “Zend”).
YATI (Sans.) – Una misura di tre piedi.
YATUS (Sans.) – O Yatudhana. Un tipo di demoni a forma animale. Esotericamente, le passioni animali umane.
YAZATHAS (Zend) – Puri spiriti celestiali che, come narra il Vendidad, un tempo spartivano il loro cibo con i mortali, che così partecipavano alla loro esistenza.
YEHEEDAH (Ebr.) – “Individualità”; esotericamente, l’individualità più elevata o Atma- Buddhi-Manas, uniti in uno. Questa dottrina si trova nel Libro Caldeo dei Numeri, che insegna la divisione settenaria dei “principi” umani, come fa la Kabalah nello Zohar, secondo il Libro di Salomone (III, 104a, tradotto nel libro di I. Myer: Qabbalah). Al tempo del concepimento, il Santo “invia un d’yook-nah, il fantasma di un’immagine-ombra, simile alla faccia di un uomo. È disegnata e scolpita nella divina tzelem, cioè l’immagine ombra dell’Elohim. “Gli Elohim crearono l’uomo a sua (loro) tzelem” o immagine, dice la Genesi (I, 27). È lo tzelem che attende il bambino e lo riceve al momento del suo concepimento, e questo tzelem è il nostro linga sharira. “Il Rua’h forma con Nephesh la personalità dell’uomo” e anche la sua individualità, o, come dicono i cabalisti, la combinazione dei due è chiamata, se egli (l’uomo) lo merita, Yeheedah. Questa combinazione è ciò che il Teosofo chiama il Manas duale, l’Ego Superiore e Inferiore, che unito ad Atma-Buddhi diventa uno. Poiché, come è spiegato nello Zohar (I, 205b, 206a, edizione Brody): “Neshamah, l’anima (Buddhi), comprende tre gradi, ed ha quindi tre nomi, come il mistero di sopra: cioè Nephesh, Rua’h, Neshamah”, o Manas Inferiore, Ego Superiore, e Buddhi, Anima Divina. “Va anche notato che il Neshamah ha tre divisioni” dice la Qabbalah di Myer, “la più elevata è l’Ye-hee-dah – o Atma-Buddhi-Manas, quali unità; il principio mediano è Hay-yah” – o Buddhi e Manas duale; “e il terzo e ultimo, Neshamah, propriamente parlando” – o Anima in generale. “Essi si manifestano in Ma’ hshabah, pensiero, Tzelem, fantasma dell’immagine, Zurath, prototipi (forme mayaviche, o rupa), e D’yooknah, ombra dell’immagine fantasma. Il D’mooth, apparenza o somiglianza (il corpo fisico), è una manifestazione inferiore” (pag. 392). Qui dunque, noi troviamo l’eco fedele della Scienza Esoterica nello Zohar e in altre opere Cabalistiche, una perfetta divisione settenaria esoterica. Ogni teosofo che ha studiato la dottrina tracciata prima nel Mondo Occulto e nel Buddismo Esoterico di Mr. Sinnett, e successivamente nel Theosophist, in Lucifer, e in altri scritti, la riconoscerà nello Zohar. Paragonate ad esempio quanto è insegnato nelle opere teosofiche sugli stati pre- e post-mortem dei principi umani, i tre superiori e i quattro inferiori, con il seguente brano dello Zohar: “Poiché questi tre sono un solo nodo come quello di prima, nel mistero di Nephesh, Rua’h, Neshamah, essi sono uno solo, e legati in uno. Nephesh (Kama- Manas) non riceve luce dalla propria sostanza; e ciò perché è associato al mistero del guff, il corpo, per procurare gioia e cibo e qualsiasi cosa di cui esso abbisogna… Rua’h (lo Spirito) è ciò che domina Nephesh (l’anima inferiore) e la governa e la illumina (provvede) di qualunque cosa abbia bisogno (cioè della luce della ragione), e il Nephesh è il trono (veicolo) di Rua’h. Neshamah (Anima Divina) vive al di sopra di Rua’h, e governa su Rua’h, e risplende su di essa con la Luce di Vita; e Rua’h dipende da Neshamah (Anima Divina) e riceve luce da lei, che lo illumina… Quando Neshamah “superiore” ascende dopo la morte del corpo essa va… all’Antico degli Antichi, il Celato di tutti i Celati, per ricevere l’Eternità. Rua’h non va (ancora) al Gan Eden (Devachan) perché è (mescolata a) Nephesh… Rua’h sale all’Eden, ma non così in alto come l’anima, e Nephesh (il principio animale, l’anima inferiore) rimane nel sepolcro inferiore (o Kamaloka)”. (Zohar, II°, 142a, Ed. Crem., II°, foglio 63b, col. 252). È difficile non riconoscere in ciò il nostro Atma (o Neshamah “superiore”), Buddi (Neshamah), Manas (Rua’h), e Kama-Manas (Nephesh) o anima animale inferiore; il primo dei quali, dopo la morte dell’uomo, va a ricongiungersi al tutto integrale; il secondo e il terzo procedono verso il Devachan, e l’ultimo o Kamarupa, “rimanendo nel suo sepolcro”, chiamato altrimenti Kamaloka o Ade.
YENE ANGANTA – Il significato dell’Anganta Yene è conosciuto in tutta l’India. È l’azione di un elementale (bhut), che, attirato nel corpo sensitivo e passivo di un medium ne prende possesso. In altre parole anganta yene significa letteralmente “ossessione”. Gli Indù temono una tale calamità così fortemente oggi come la temevano migliaia di anni fa. “Nessun Indù, Tibetano o Singalese, a meno che sia di casta e di intelligenza inferiori, può vedere, senza un brivido di orrore, i segni della medianità manifestarsi in un membro della sua famiglia, senza dire come farebbe ora un Cristiano, ‘egli è posseduto dal diavolò. Quello che è chiamato in Inghilterra e in America ‘dono, benedizione e santa missione’ è, fra i popoli più antichi, nella terra dell’infanzia della nostra razza, dove una esperienza maggiore della nostra ha insegnato loro una saggezza più spirituale, considerata come una terribile disgrazia”.
YESOD (Ebr.) – La nona Sephira; significa Base o Fondamento.
YETZIRAH (Ebr.) – Il terzo dei Quattro Mondi Cabalistici, riferito agli Angeli; il “Mondo della Formazione”, o Olam Yetzirah. È detto anche Malahayah o “degli Angeli”. È la dimora di tutti i Geni (o Angeli) che controllano e dirigono pianeti, mondi e sfere.
YEU (Cin.) “Essere”, sinonimo di Subhava; o “Sostanza che dà sostanza a se stessa”.
YGGDRASIL (Scand.) – “L’Albero del Mondo della Cosmogonia Norvegese; il frassino Yggdrasil; l’albero dell’Universo, del tempo e della vita”. Ha tre radici che raggiungono in basso la fredda Hel e da qui si diramano fino a Jotunheim, la terra degli Hrimthursi, o “Giganti di ghiaccio”, e fino a Midgard la terra, dimora dei figli degli uomini. I suoi rami superiori si estendono fino al cielo, e il suo ramo più alto adombra il Walhalla, il Devachan degli eroi caduti. L’Yggdrasil è sempre fresco e verde, poiché è quotidianamente innaffiato dalle Norne, le tre fatidiche sorelle, il Passato, il Presente e il Futuro, con le acque di vita della fontana di Urd che sgorga sulla nostra terra. Si essiccherà e perirà solo il giorno in cui sarà combattuta l’ultima battaglia tra bene e male; quando, vincerà il bene e la vita, e il tempo e lo spazio usciranno dalla vita, dal tempo e dallo spazio. Tutti i popoli antichi avevano il loro albero del mondo. I Babilonesi avevano il loro “albero di vita”, che era l’albero del mondo, le cui radici penetravano nelle grandi profondità inferiori o Ade, il cui tronco era sulla terra e i suoi rami superiori raggiungevano Zikum, l’elevato cielo superiore. Invece che il Walhalla, essi ponevano il suo fogliame superiore nella santa casa di Davkina, la “grande madre” di Tammuz, il Salvatore del mondo – il dio Sole messo a morte dai nemici della luce.
YI-KING (Cin.) – Un’antica opera cinese, scritta da generazioni di saggi.
YIMA (Zend) – Nel Vendidad è il primo uomo e, per il suo aspetto di progenitore spirituale dell’umanità, è identico a Yama. Le sue ulteriori funzioni non sono descritte nei Libri Zend, perché molti di questi antichi frammenti sono andati perduti, distrutti, o perché si è impedito che cadessero in mani profane. Yima era non nato, poiché rappresenta le prime tre Razzeradici umane la prima delle quali “non è nata”; ma egli è il “primo uomo che muore”, poiché la terza razza, quella che fu informata dagli Ego Speriori razionali, fu la prima i cui uomini furono separati in maschio e femmina, e “l’uomo visse e morì, e rinacque”. (Vedi Dottrina Segreta, Antropogenesi, pag 697).
YMIR (Scand.) – La materia personificata del nostro globo in condizione di fermento. Il mostro cosmico sotto forma di gigante, che nelle allegorie cosmologiche dell’Edda è ucciso dai tre creatori, i figli di Bör, Odino Wili e We, che si dice abbiano conquistato Ymir, e crearono il mondo dal suo corpo. Questa allegoria mostra le principali tre forze di natura – separazione, formazione e crescita (o evoluzione) che conquistano la materia “gigantesca”, sregolata e violenta, e la obbligano a diventare un mondo, o un globo abitato. È curioso che un antico popolo pagano, primitivo e ignorante, così filosoficamente e scientificamente corretto nella sua visione sull’origine e sulla formazione della terra, debba accettare, per essere considerato civile, il dogma che il mondo fu creato dal nulla!
YOD (Ebr.) – Decima lettera dell’alfabeto, prima nel quadruplice simbolo del nome composto Jah-hovah (Jehovah) o Jah-Eve, la forza e l’esistenza ermafrodita in natura. Senza l’ultima vocale, la parola Jehovah si scrive IHVH (la lettera Yod sta per tutte le tre lettere inglesi y, i, o j, a seconda del caso), ed è maschio-femmina. La lettera Yod è il simbolo del lingham, l’organo maschile nella sua triplice forma, come mostra la Kabalah. La seconda lettera He, ha per simbolo la yoni, la vagina o “apertura a finestra”, come dice la Kabalah; il simbolo della terza lettera, il vau, è un bastone ricurvo o gancio (da esso ha origine il bastone ricurvo del vescovo) altra lettera maschile, e la quarta è uguale alla seconda – tutto ciò significa essere o esistere sotto una di queste forme (masch. e femm.) o entrambe. Così la parola o nome è preminentemente fallico. È quella del dio combattente degli Ebrei, “Signore degli Eserciti”; dell’ “aggressivo Yod” o Zodh, Caino (per permutazione) che uccise il suo fratello femmina, Abele, e versò il sangue di lui (di lei). Questo nome, adottato tra tanti dai primi scrittori Cristiani è stato un nome sfortunato per la loro religione, per via delle sue associazioni e del suo significato originale; è nel migliore dei casi un numero, in realtà è un organo. Questa lettera Yod è diventata Got e Gott (Dio).
YOGA (Sans.) – (1) Una dei sei Darshana, o scuole dell’India; una filosofia fondata da Patanjali, sebbene la vera dottrina Yoga, l’unica che si dice abbia aiutato a preparare il mondo alla predicazione del Buddha, sia attribuita, con buone ragioni, al saggio più antico Yajnawalkya, l’autore del Shatapatha Brahmana, dello Yajur Veda, della Brihad Aranyaka, e di altre famose opere. (2) Pratica della meditazione quale mezzo di liberazione spirituale. Gli stati estatici e i poteri psicospirituali che ne derivano, conducono alla percezione chiara e corretta delle verità eterne, sia nell’universo visibile che invisibile.
YOGACHARYA (Sans.) – (1) Una scuola mistica. (2) Lett., un insegnante (acharya) di Yoga, uno che si è esercitato nelle dottrine e nelle pratiche di meditazione estatica il cui culmine sono i Mahasiddhi. È sbagliato confondere questa scuola con il Tantra, o scuola Mahatantra, fondata da Samantabhadra, poiché vi sono due Scuole Yogacharya, una esoterica, l’altra popolare. Le dottrine di quest’ultima furono compilate ed ordinate da Asangha nel sesto secolo della nostra era, e i suoi tantra e mantra fisici, i suoi formulari, le litanie, gli incantesimi e i mudra, se tentati senza un Guru, servirebbero a scopi di stregoneria e magia nera piuttosto che al vero Yoga. Coloro che provano a scrivere sull’argomento, sono generalmente missionari colti e nemici della filosofia Orientale in genere. Da costoro non ci si può aspettare punti di vista imparziali. Così, quando leggiamo nel Sanskrit-Chinese Dictionary di Eitel, che il recitare i mantra (che egli chiama “incantesimi”!), “dovrebbe essere accompagnata da musica e distorsioni delle dita (mudra), affinché si possa raggiungere uno stato di fissità mentale” (Samadhi) chi ha familiarità, anche se superficialmente, con la vera pratica dello Yoga può solo infischiarsene. Queste distorsioni delle dita o mudra sono necessari, pensa l’autore, per raggiungere il Samadhi, “caratterizzato dal fatto che non vi è né pensiero né annichilimento del pensiero, e consiste della sestuplice felicità corporale (sic) e mentale (Yogi), da cui deriverebbe un potere supernaturale che opera miracoli”. I Teosofi non saranno mai abbastanza messi in guardia contro queste spiegazioni fantastiche e prevenute.
YOGI (Sans.) – (1) Non “uno stato di sestuplice felicità corporale e mentale quale risultato di meditazione estatica” (Eitel); ma uno stato che, una volta raggiunto, rende chi lo pratica, di conseguenza, padrone assoluto dei suoi sei “principi”, essendo ora immerso nel settimo. Ciò gli conferisce pieno controllo, dovuto alla sua conoscenza del SÈ e di Sè, sui suoi stati corporei, intellettuali e mentali che, incapaci di interferire oltre, o di agire sul suo Ego Superiore, lo lasciano libero di esistere nel suo stato originale divino e puro. (2) È anche il nome di chi pratica lo Yoga.
YONG-GRUB (Tib.) – Uno stato di riposo assoluto, identico a Paranirvana.
YONI (Sans.) – La vulva, il grembo, il principio femminile.
YUDISHTHIRA (Sans.) – Uno degli eroi del Mahabharata. Il fratello maggiore dei Pandava, o i cinque principi Pandu che combatterono contro i loro parenti più stretti, i Kaurava, i figli del loro zio materno. Arjuna, il discepolo di Krishna, era il fratello più giovane. La Bhagavad Gita offre dei particolari mistici di questa guerra. Kuntî era la madre dei Pandava, e Draupadi la moglie comune dei cinque fratelli – un’allegoria. Ma Yudishthira è anche, come pure Krishna, Arjuna, e tanti altri eroi, un personaggio storico, che visse 5000 anni fa, nel periodo in cui iniziò il Kali-Yuga.
YUGA (Sans.) – La millesima parte di un Kalpa, una delle quattro età del mondo, le cui serie procedono in successione durante il ciclo manvantarico. Ciascuno Yuga è preceduto da un periodo chiamato, nei Purana, Sandhya, crepuscolo, o periodo di transizione, ed è seguito da un altro periodo di eguale durata chiamato Sandhyansa, “porzione del crepuscolo”. Ciascun periodo equivale a un decimo dello Yuga. Il gruppo di quattro Yuga è calcolato in anni divini, o “anni degli dei” ciascun anno essendo eguale a 360 anni degli uomini mortali. Così, abbiamo, negli anni “divini”:
1. Krita o Satya Yuga – – – 4.000
Sandhya – – – – – 400
Sandhyansa – – – – 400
——– 4.800
2. Treta Yuga – – – – 3.000
Sandhya – – – – – 300
Sandhyansa – – – – 300
———- 3.600
3. Dwapara Yuga – – – – 2.000
Sandhya – – – – – – 200
Sandhyansa – – – – – 200
———- 2.400
4. Kali Yuga – – – – – 1.000
Sandhya – – – – – 100
Sandhyansa – – – – 100
——– 1.200
Totale = 12.000 Questo, tradotto in anni mortali, equivale a:
4.800 x 360 = 1.728.000
3.600 x 360 = 1.296.000
2.400 x 360 = 864.000
1.200 x 360 = 432.000
————-
Totale = 4.320.000
L’insieme di quattro Yuga è chiamato un Mahayuga o Manvantara. 2.000 di questi Mahayuga, o un periodo di 8.640.000.000 anni, fanno un Kalpa: quest’ultimo è solo un “giorno e una notte”, o 24 ore di Brahma. Così, “un’età di Brahma‚”, o cento dei suoi anni divini, devono equivalere a 311.040.000.000.000 dei nostri anni mortali. Gli antichi Mazdei o Magi (i moderni Parsi) usavano gli stessi calcoli, sebbene gli Orientalisti non sembrino capirlo, poiché persino gli stessi Parsi Mobed l’hanno dimenticato. Ma il loro “Sovrano Tempo di Lungo Periodo” (Zervan Daregho Hvadata) dura 12.000 anni, e questi sono i 12.000 anni divini di un Mahayuga, mentre lo Zervan Akarana (Tempo Illimitato), menzionato da Zarathustra, è il Kala, fuori da spazio e tempo, di Parabrahm.
YURBO ADONAI – Epiteto dispregiativo dato dai seguaci del Codex Nazareus, gli Gnostici di San Giovanni, allo Jehovah degli Ebrei.
YÜRMUNGANDER (Scand.) – Nell’Edda è il serpente Midgard, il cui fratello è il Lupo Fenris, e la cui sorella è l’orribile mostro Hel – i tre figli del malvagio Loki e di Angurboda (portatrice di angoscia), gigantessa molto temuta. Il serpente del mondo dei Norvegesi è il mostro creato da Loki ma modellato dalle continue emanazioni putride provenienti dal corpo del gigante assassinato Ymir (la materia del nostro globo), che produce una continua emanazione che serve da velo tra cielo e terra: cioè la Luce Astrale.

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