Glossario Teosofico: V

V – Ventiduesima lettera dell’alfabeto latino. Numericamente equivale a 5; per cui, il V romano (con una sbarra sopra) sta per 5.000. I Cabalisti Occidentali l’hanno collegata con il nome divino ebraico I H V H. L’Ebraico Vau, comunque, essendo il numero 6, solo per il fatto di essere identico al W, è diventato un simbolo appropriato per il maschio-femmina, e spiritomateria. L’equivalente dell’Ebraico Vau è YO, e ha valore numerico 6.
VACCA (Culto della) – L’idea di un “culto simile” è quanto mai errata e ingiusta. Nessun Egiziano adorava la vacca, né qualche Indiano adora oggi questo animale, anche se è vero che la vacca e il toro erano sacri in passato quanto oggigiorno, ma solo quali simboli naturali e fisici di un ideale metafisico; proprio come una chiesa fatta di mattoni e malta è per il Cristiano civilizzato sacra a causa delle sue associazioni e non per le sue mura. La vacca era sacra a Iside, la Madre Universale, la Natura, e ad Hathor, il principio femminile in Natura, le due dee essendo legate sia al sole che alla luna, come provano il disco e le corna (il crescente) della vacca. (Vedi “Hathor” e “Iside”). Nei Veda, l’Alba della Creazione è rappresentata da una vacca. Questa alba è Hathor, e il giorno che segue, o la Natura già formata, è Iside, poiché entrambe sono una, tranne che per questioni di tempo. L’antica Hathor è la “signora delle sette vacche mistiche” e Iside, la “Divina Madre” è la “vacca con le corna”, la vacca dell’abbondanza (o Natura, Terra) e, quale madre di Horus (il mondo fisico), è “madre di tutto ciò che vive”. L’outa era l’occhio simbolico di Horus, il destro era il sole, e il sinistro la luna. L’ “occhio” destro di Horus era chiamato “la vacca di Hathor”, ed era usato quale potente amuleto, come la colomba in un fascio di raggi di gloria, con o senza croce, è un talismano per i Cristiani, i Latini e i Greci. Il Toro e il Leone che troviamo spesso in compagnia di Luca e Marco nel frontespizio dei loro rispettivi Vangeli nei testi Latini e Greci, sono spiegati quali simboli – quali sono in realtà. Perché non ammettere la stessa cosa nel caso dei sacri Tori, delle Vacche, dei Montoni e degli Uccelli sacri degli Egizi?
VACH (Sans.) – Definire Vach semplicemente “parola” denota mancanza di chiarezza. Vach è la personificazione mistica della parola, del Logos femminile, che è uno con Brahma, il quale la creò da una metà del suo corpo, che egli divise in due porzioni; ella è anche una con Viraj (chiamata la Viraj “femmina”) che fu creata in lei da Brahma. In un senso Vach è la “parola”, tramite la quale la conoscenza fu insegnata all’uomo; in un altro senso è la “mistica parola segreta” che discende sui Rishi primordiali e che entra in essi, come le “lingue di fuoco” che, si dice, si siano “fermate” sugli Apostoli. Per cui, essa è chiamata il “creatore femminile”, la “madre dei Veda”, etc., etc… Esotericamente, essa è la Forza Creativa soggettiva che, emanando dalla Divinità Creativa (l’Universo soggettivo, la sua “privazione” o ideazione) diventa il “mondo della parola” manifesta, cioè l’espressione concreta dell’ideazione, quindi “Parola” o Logos. Vach è l’Adamo “maschio femmina” del primo capitolo della Genesi ed è quindi chiamata “Vach-Viraj” dai saggi. (Vedi Atharva Veda). Essa è anche “la celestiale Saraswatî prodotta dai cieli”, una “voce derivata da Brahma‚ senza parola” (Mahabharata); la dea della saggezza e dell’eloquenza. È chiamata Sata-Rupa, la dea dalle cento forme.
VACUUM (Lat.) – Esotericamente il simbolo della Divinità assoluta o Spazio Sconfinato.
VAHANA (Sans.) – Un veicolo, trasportatore di qualcosa di immateriale e senza forma. Tutti gli dei e le dee, quindi, vengono rappresentati mentre si servono di vahana per manifestarsi, veicoli che sono sempre simbolici. Così, ad esempio, Vishnu usa durante i Pralaya Ananta, l’”infinito” (lo Spazio), simbolizzato dal serpente Sesha, e durante i Manvantara – Garuda, il gigantesco essere mezzo aquila e mezzo uomo, simbolo del grande ciclo; Brahma‚ appare come Brahma‚ discendendo sui piani della manifestazione su Kalahamsa, il “cigno nel tempo o nella finita eternità”; Siva (si pronunzia Shiva) appare come il toro Nandi; Osiride come il toro sacro Apis; Indra viaggia su un elefante; Karttikeya su un pavone; Kamadeva su Makara, altre volte su un pappagallo; Agni, il dio del Fuoco universale (e anche solare) che è, come tutti essi, un “Fuoco che consuma”, si manifesta come montone ed agnello, Aja, il “nonnato”; Varuna, quale pesce, etc., etc., mentre il veicolo dell’UOMO è il suo corpo.
VAIBHACHIKA (Sans.) – I seguaci del Vibhacha Shastra, un’antica scuola di materialismo; una filosofia che sostiene che nessun concetto mentale può formarsi, se non attraverso il contatto diretto fra mente, per mezzo dei sensi, quali vista, tatto, gusto, etc., e gli oggetti esterni. Oggi esistono ancora dei Vaibhachika in India.
VAIDHATRA (Sans.) – Lo stesso che Kumara.
VAIDYUTA (Sans.) – Fuoco elettrico, uguale a Pavaka, uno dei tre fuochi che, divisi, producono i quarantanove fuochi mistici.
VAIHARA (Sans.) – Il nome di un tempio-caverna nei pressi di Rajagriha, in cui il Signore Buddha era solito ritirarsi per meditare.
VAIJAYANTI (Sans.) – La magica collana di Vihsnu, imitata da alcuni Iniziati fra i Brahmani del tempio. È fatta di cinque pietre preziose, ciascuna simboleggiante uno dei cinque elementi della nostra Ronda; vale a dire la perla, il rubino, lo smeraldo, lo zaffiro e il diamante, o acqua, fuoco, terra, aria ed etere, chiamati “l’aggregato dei cinque rudimenti elementali” il termine “poteri”, forse, è più corretto di “rudimenti”.
VAIKHARI VACH (Sans.) – Ciò che è pronunciato; una delle quattro forme di linguaggio.
VAIKUNTHA (Sans.) – Uno dei nomi dei dodici grandi dei, da cui deriva Vaikunthaloka, la dimora di Vishnu.
VAIRAJA (Sans.) – Nella credenza popolare, esseri semi-divini, ombre di santi, resistenti al fuoco, impermeabili all’acqua, i quali dimorano in Tapo-loka con la speranza di trasferirsi in Satya-loka – stato più puro che corrisponde al Nirvana. Il termine è spiegato come i corpi aerei o ombre astrali degli “asceti, dei mendicanti, degli anacoreti e dei penitenti, che hanno completato il loro corso di rigida austerità”. Nella filosofia esoterica, oggi sono chiamati Nirmanakaya, essendo il Tapo-loka sul sesto piano (contando dal basso), ma in diretta comunicazione con il piano mentale. Ai Vairaja si fa riferimento come ai primi dei, perché i Manasaputra e i Kumara sono i più antichi nella teogonia, e si dice che persino gli dei li adoravano (Matsya Purana); coloro che Brahma‚ “con l’occhio dello Yoga contemplava nelle sfere eterne, e che sono gli dei degli dei”. (Vayu Purana).
VAIROCHANA (Sans.) – “Che tutto illumina”. Simbolo mistico, o meglio personificazione generica di una classe di essere spirituali descritti quali incarnazione della saggezza essenziale (bodhi) e della purezza assoluta. Dimorano nel quarto Arupa Dhatu (mondo senza forma) o Buddhakshetra, e sono la prima gerarchia, cioè la più elevata, dei cinque Dhyani Buddha. Vi fu uno Sramana, un Arhat che ebbe questo nome (V. Sansc. Chin. Dict. di Eitel), nativo del Kashmir, “che introdusse il Buddismo nel Kustan e operò in Tibet” nel settimo secolo. Fu il miglior traduttore del Canone semi-esoterico del Buddismo Settentrionale e contemporaneo del grande Samantabhadra (v.).
VAISAKHA (Sans.) – Una famosa donna asceta, nata a Sravasti, e chiamata Sudatta, “donatrice virtuosa”. Era la madre superiore di un Vihara, o convento di Upasika donne, ed è ricordata quale fondatrice di un Vihara per Sakyamuni Buddha. È considerata la patrona di tutte le ascete Buddiste.
VAISHESHIKA (Sans.) – Una delle sei Darshana, o scuole di filosofia, fondata da Kanada. È chiamata la Scuola Atomistica poiché insegna l’esistenza di un universo di atomi di carattere transitorio, un numero infinito di anime e un numero determinato di principi materiali, con la cui correlazione ed interazione hanno luogo periodiche evoluzioni cosmiche senza nessuna Forza dirigente, tranne una specie di legge meccanica inerente agli atomi; una scuola molto materialistica.
VAISHNAVA (Sans.) – Un seguace di qualsiasi setta che riconosca e adori Vishnu quale l’unico Dio supremo. Gli adoratori di Shiva sono chiamati Saiva.
VAIVASWATA (Sans.) – Il nome del Settimo Manu, l’antenato della razza postdiluviana, o la nostra quinta umanità. Stimato figlio di Surya (il Sole), egli, dopo essere stato messo in salvo in un’arca (costruita per ordine di Vishnu) dal Diluvio, divenne il padre di Ikshwaku, il fondatore della razza solare dei re. (Vedi “Suryavansa”).
VAJRA (Sans.) – “Diamante o scettro” fiammeggiante. Nelle opere Indiane è lo scettro di Indra, simile ai fulmini di Zeus, con cui questa divinità, quale dio del tuono, uccide i suoi nemici. Ma nel Buddismo mistico era lo scettro magico dei Sacerdoti-Iniziati, degli esorcisti e degli adepti, simbolo del possesso dei Siddhi o poteri sovrumani, tenuto durante certe cerimonie da sacerdoti e teurgi. È anche il simbolo del potere di Buddha su spiriti maligni o elementali. I possessori di questa verga magica sono chiamati Vajrapani .
VAJRACHARYA (Sans.) – L’acharya (guru, istruttore) spirituale degli Yogacharya. Il “Supremo Maestro del Vajra”.
VAJRADHARA (Sans.) – Il Buddha Supremo per i Buddisti Settentrionali.
VAJRAPANI (Sans.) – È Manjushri, il Dhyani-Bodhisattva (come riflesso spirituale o il figlio dei Dhyani-Buddha, sulla terra), nato direttamente dalla forma di esistenza soggettiva; divinità adorata dal profano come un dio, e dagli Iniziati come una Forza soggettiva, la cui natura reale è conosciuta solo dai più alti Iniziati della Scuola Yogacharya, e da essi spiegata.
VAJRASATTVA (Sans.) – Il nome del sesto Dhyani-Buddha (nel Buddismo popolare del Nord ne esistono solo cinque) – nella Scuola Yogacharya, che conta sette Dhyani-Buddha e altrettanti Bodhisattva – “i figli della mente” dei primi. Ecco perchè gli Orientalisti si riferiscono a Vajrasattva come a un “Bodhisattva fittizio”.
VALLABACHARYA (Sans.) – Il nome di un mistico che era un chela (discepolo) di Vishnu Swami, e fondatore di una setta di Vaishnava. I suoi discendenti sono chiamati Goswami Maharàj ed hanno molte proprietà terriere e numerosi mandir (templi) a Bombay. Sono degenerati in una setta vergognosamente licenziosa.
VAMANA (Sans.) – Il quinto Avatar di Vishnu, dal quale deriva il nome di Nano, la cui forma fu assunta da quel dio.
VARA (Mazd.) – Termine usato nel Vendidad, in cui Ahura-Mazda comanda a Yima di costruire Vara. Significa anche una recinzione o veicolo, un’arca (argha), e al tempo stesso l’UOMO (verso 30). Vara è il veicolo dei nostri Ego che ci adombrano, cioè il corpo umano nel quale l’anima viene indicata dall’espressione “una finestra che auto-risplende all’interno”.
VARAHA (Sans.) – L’Avatar cinghiale di Vishnu; il terzo della serie.
VARNA (Sans.) – Casta; letteralmente, “colore”. Le quattro caste principali istituite da Manu – Brahmini, Kshatrya, Vaisya e Sudra – sono chiamate Chatur-varna.
VARSHA (Sans.) – Una regione, una pianura; una distesa situata tra le catene montuose della terra.
VARUNA (Sans.) – Il dio dell’acqua o dio marino, ma molto diverso da Nettuno, poiché nel caso di queste divinità Vediche più antiche, Acqua significa le “Acque dello Spazio”, o il cielo che tutto abbraccia, in un certo senso Akasa. Varuna o Ooaroona (foneticamente), è certamente il prototipo dell’Urano dei Greci. Come dice Muir: “Le più grandi funzioni cosmiche sono ascritte a Varuna. Detentore di una illimitata conoscenza… egli sostiene cielo e terra, dimora in tutti i mondi come reggente supremo. Egli fece che il sole dorato… brillasse nel firmamento. Il vento che risuona attraverso l’atmosfera è il suo respiro… Attraverso l’operato delle sue leggi, la luna si muove luminosa e le stelle… svaniscono misteriosamente nella luce del giorno. Egli conosce il volo degli uccelli nel cielo, le traiettorie delle navi sull’oceano, il corso del vento che vola lontano, e contempla tutte le cose che sono state o che saranno fatte… Egli testimonia la verità e la menzogna degli uomini. Istruisce il Rishi Vasishta nei misteri; ma i suoi segreti e quelli di Mitra non devono essere rivelati all’insensato”. Gli attributi e le funzioni di Varuna danno al suo carattere una elevazione morale e una santità di gran lunga superiore a quelle attribuite a qualsiasi altra divinità Vedica”.
VASISHTA (Sans.) – Uno dei primi sette grandi Rishi, e saggio Vedico molto celebre.
VASUDEVA (Sans.) – Il padre di Krishna. Apparteneva al ramo Yadava della razza lunare, o Somavansa.
VASU (Sans.) – Le otto divinità malefiche al servizio di Indra. Personificazione dei fenomeni cosmici, come evidenziano i loro nomi.
VAYU (Sans.) – Aria: il dio e il sovrano dell’aria; uno dei cinque stati della materia, cioè quello gassoso; uno dei cinque elementi, chiamati, come il vento, Vata. Il Vishnu Purana fa di Vayu il Re dei Gandharva. È il padre di Hanuman, nel Ramayana. La trinità dei mistici dei nel Cosmo, strettamente collegati l’un l’altro, è composta da “Agni (fuoco) la cui sede è sulla terra; Vayu (aria, una delle forme di Indra) la cui sede è nell’aria; e Surya (il sole), la cui sede è nell’aria”. (Nirukta). Nell’interpretazione esoterica, questi principi cosmici corrispondono ai tre principi umani, Kama, Kama-Manas e Manas, il sole dell’intelletto.
VEDANA (Sans.) – Il secondo dei cinque Skandha (percezione, sensi). Il sesto Nidana.
VEDANTA (sans.) – Un sistema mistico di filosofia che si è sviluppato dagli sforzi di generazioni di saggi nell’interpretare il senso nascosto delle Upanishad (v.). Nelle Shad- Darshana (sei scuole o sistemi di dimostrazione) è chiamato Uttara Mimansa, ed è attribuito a Vyasa, il compilatore dei Veda, che è così indicato come fondatore del Vedanta. Gli Indiani ortodossi chiamano il Vedanta – termine che significa “fine di tutta la conoscenza (Vedica)” – Brahma-jnana, cioè conoscenza pura e spirituale di Brahma. Anche se accettiamo le date recenti assegnate alle varie Scuole e ai trattati Sanscriti dai nostri Orientalisti, il Vedanta deve risalire a 3.300 anni fa, poiché si dice che Vyasa sia vissuto 1400 anni prima di Cristo. Se, come ritiene Elphinstone nella sua Storia dell’India, i Brahmana sono il Talmud degli Indù, e i Veda i libri Mosaici, allora il Vedanta può essere chiamato con certezza la Kabalah dell’India. Ma quanto enormemente più grande! Sankaracharya, che fu il divulgatore del sistema vedantino e fondatore della filosofia Adwaita, è talvolta chiamato il fondatore delle scuole del Vedanta moderno.
VEDA (Sans.) – La “rivelazione”, le scritture degli Indù, dalla radice vid, “conoscere” o “conoscenza divina”. Sono le opere sanscrite più antiche e sacre. I Veda, sulla cui datazione non si trovano due Orientalisti che siano d’accordo, sono rivendicati dagli stessi Indiani, i cui Brahmani e Pundit dovrebbero conoscere meglio le loro opere religiose, come insegnamento dapprima orale per migliaia di anni, e poi compilati sulle rive del lago Manasa-Sarovara (foneticamente Mansarovara) oltre l’Himalaya, in Tibet. Quando avvenne ciò? Mentre i loro istruttori religiosi, come Swami Dayanand Saraswati, attribuiscono ai Veda un’antichità di molte decine di ere, i nostri moderni Orientalisti assegnano loro, nella loro attuale forma, un’antichità non maggiore di 1.000 o 2.000 anni a. C.. Come furono compilati nella loro forma definitiva da Veda-Vyasa, comunque, i Brahmani stessi, unanimamente, assegnano una datazione di 3.100 anni prima dell’era Cristiana, periodo in cui fiorì Vyasa. Quindi i Veda devono essere antichi almeno quanto questa data. Ma la loro antichità e sufficientemente provata dal fatto che sono scritti in una forma Sanscrita, così diversa dal Sanscrito usato oggi, che non vi è nessun’altra opera, simile ad essi nella letteratura di questa sorella maggiore di tutte le lingue conosciute, come la chiama il Prof. Max Muller. Solo i più sapienti Brahmani Pundit possono leggere i Veda nell’originale. Si suppone che Colebrooke abbia scoperto la data del 1.400 a. C. corroborata in pieno da un brano che egli scoprì, e che è basato su dati astronomici. Ma se, come è unanimemente dimostrato da tutti gli Orientalisti e anche dai Pundit Indù, (a) i Veda non sono una opera singola, così anche ciascun Veda preso separatemente; ma che ciascun Veda, e quasi ogni inno e divisione di quest’ultimo, è la produzione di autori diversi; (b) sono stati scritti (sia come sruti, “rivelazione”, o no) in periodi diversi della evoluzione etnica della razza Indo-Ariana, allora – quale prova ha scoperto Mr. Colebrooke? Semplicemente che i Veda furono definitivamente sistemati e compilati quattordici secoli prima della nostra era; ma questo non interferisce in nessun modo con la loro antichità. Esattamente il contrario; poiché, a controbilanciare il brano di Colebrooke, vi è un dotto articolo, scritto su dati puramente astronomici da Krishna Shastri Godbole (di Bombay), che prova in pieno e sulla stessa evidenza che i Veda devono essere stati insegnati almeno 25.000 anni fa. (Vedi Theosophist, vol. II° pag. 238 e seguenti Agosto 1881). Questa dichiarazione, se non sostenuta, è, in ogni modo, non contraddetta da ciò che il Prof. Cowell dice nell’appendice VIIa alla Storia dell’India di Elphinstone: “Vi è una differenza di epoche fra i vari inni, che ora sono legati nella loro attuale forma come il Sanhita del Rig-Veda: ma non abbiamo nessuna data per determinare la loro relativa antichità; e la critica puramente soggettiva, a parte le date sicure, è spesso fallita in altri esempi, al punto che possiamo credere solo a qualcuna delle sue inferenze in un campo di ricerca da così poco tempo aperto come quello della letteratura Sanscrita. (Nemmeno una quarta parte della letteratura Vedica è stata stampata, e soltanto una minima parte è stata tradotta in inglese (1866)). Le ancora incerte controversie sui poemi Omerici potrebbero ben ammonirci di non fidarci troppo dei nostri giudizi riguardo gli inni più antichi del Rig-Veda… Quando esaminiamo questi inni… essi sono profondamente interessanti per la storia della mente umana, perché appartengono ad una fase molto più antica dei poemi di Omero o Esiodo”. Gli scritti Vedici sono tutti classificati in due grandi divisioni, exoterica ed esoterica, di cui la prima è chiamata Karma-Kanda, “divisione di azioni o opere”, e la seconda Jnana-Kanda, “divisione di conoscenza (divina)”, e le Upanishad (v.) appartengono a quest’ultima classificazione. Entrambi i dipartimenti sono considerati come Sruti o rivelazione. A ciascun inno dei Rig-Veda è premesso il nome del Veggente o del Rishi al quale esso fu rivelato. Così, diventa evidente, sulla autorità proprio di questi nomi (come Vasishta, Viswamitra, Narada, etc.) che appartengono tutti a uomini nati in vari Manvantara ed ere, e secoli, forse millenni, devono essere passati fra le date della loro composizione.
VEDA-VYASA (Sans.) – Il compilatore dei Veda.
VEDDHA (Sing.) – Il nome di una razza di selvaggi che vivono nella foresta di Ceylon. È molto difficile trovarli.
VEGGENTE – Chi è chiaroveggente, che può vedere cose visibili e invisibili per gli altri a qualsiasi distanza e momento, con la sua vista o percezioni interiori, o spirituali.
VEICOLO DI VITA (Mist.) – L’Uomo “Settenario” fra i Pitagorici, il “numero sette” tra i profani. I primi “lo spiegavano dicendo che il corpo umano consiste di quattro elementi principali (principii), e che l’anima è tripla (la triade superiore)”. (Vedi Iside Svelata, vol. II°, pag. 383). È stato spesso sottolineato che nelle prime opere dei Teosofi, non era menzionata nessuna divisione settenaria dell’uomo. La citazione di cui sopra è garanzia sufficiente a dimostrare che, pur con ogni precauzione, l’argomento fu trattato più di una volta, e non si tratta di una teoria immaginata oggi, nè di un’invenzione.
VENDIDAD (Pahl.) – Il primo libro (Nosk) nella collezione dei frammenti Zend solitamente conosciuti come Zend-Avesta. Il Vendidad è una corruzione della parola composta “Vidaevo- datem”, che significa “la legge antidemoniaca”, ed è pieno di insegnamenti su come evitare il peccato e la corruzione mediante la purificazione morale e fisica, e ciascun insegnamento è basato su leggi Occulte. È un trattato preminentemente occulto, pieno di simbolismo e spesso di significato che è proprio il contrario di ciò che è espresso nella lettera morta del suo testo. Il Vendidad, come è affermato dalla tradizione, è l’unica delle ventuno Nosk (opere) che sia sfuggita ai roghi voluti dall’ubriacone Iskander il Rumi, colui che i posteri chiamano Alessandro il Grande anche se l’appellativo è giustificabile solo se viene applicato alla brutalità, ai vizi e alla crudeltà di questo conquistatore. È per mezzo del vandalismo di questo Greco che la letteratura e la conoscenza hanno perduto moltissime cognizioni inestimabili contenute nei Nosk da lui bruciati. Anche il Vendidad ci è pervenuto solo in uno stato frammentario. I primi capitoli sono molto mistici, e quindi chiamati “mitici” nell’interpretazione degli Orientalisti europei. I due “creatori” dello “spirito-materia” o del mondo della differenziazione – Ahura-Mazda e Angra-Mainyu (Ahriman) – vi sono introdotti, e anche Yima (il primo uomo, o l’umanità personificata). L’opera è divisa in Fargard, o capitoli, e una porzione di essi è dedicata alla formazione del nostro globo, o evoluzione terrestre. (Vedi: Zend- Avesta).
VETALA (Sans.) – Un elementale, fantasma che dimora nei cimiteri e anima i cadaveri.
VETALA SIDDHI (Sans.) – Una pratica di stregoneria; consiste in metodi per avere potere sui viventi per mezzo di magia nera, incantesimi e cerimonie eseguite su un corpo umano morto, durante il cui svolgimento il cadavere è profanato. (Vedi “Vetala”).
VIBHAVASU (Sans.) – Un fuoco mistico connesso con l’inizio del pralaya, o dissoluzione dell’universo.
VIBHÚTAYAH (Sans.) – Uguale a Siddhi o poteri magici.
VIDYA(Sans.) – Conoscenza, Scienza Occulta.
VIDYA-DHARA (Sans.) – Anche Vidya-dhari, divinità maschi e femmina (letteral-mente, “possessori di conoscenza”). Sono chiamati anche Nabhas-chara, “che si muovono nell’aria”, volando, e Priyam-vada, “dal dolce parlare”. Sono le Silfidi dei Rosacroce; divinità inferiori che abitano la sfera astrale fra terra e etere; nel folclore popolare si crede che siano benefici, ma in realtà sono degli Elementali astuti, dispettosi ed intelligenti o “Potenze dell’aria”. In Oriente ed in Occidente si ritiene che abbiano rapporti con gli uomini (“contrarre matrimonio”, come è detto nel linguaggio dei Rosacroce; vedi Il Conte de Gabalis). In India sono chiamati anche Kama-rupin, poiché prendono la forma che vogliono. È fra queste creature che sono reclutati “gli spiriti-mogli” e gli “spiriti-mariti” di certi moderni medium spiritualisti e isterici. Questi si vantano con orgoglio di avere simili pericolosi rapporti (vedi ad esempio, l’Americana “Lily”, lo spirito-moglie di un ben conosciuto capo di una comunità di Spiritisti ora dispersa, grande poeta e noto scrittore) e li chiamano angeli-guida, affermando che essi sono gli spiriti di famosi mortali disincarnati. Questi “spiriti-mariti” e “mogli” non hanno avuto origine con i moderni Spiritisti e Spiritualisti, ma erano conosciuti in Oriente da migliaia di anni nella filosofia Occulta, con i nomi citati sopra e, tra i profani, come – Pishacha.
VIE DELLA SAGGEZZA Le 32 (Cab.) – Lo Zohar dice che Chochmah o Hokhmah (saggezza) genera tutte le cose “per mezzo di (questi) trentadue sentieri” (Zohar, III, 290a). Il loro racconto completo si trova nel Sepher Yezirah, dove lettere e numeri rappresentano come entità i Trentadue Sentieri della Saggezza, tramite cui gli Elohim costruirono l’intero Universo. Perché come detto altrove, il cervello “ha uno sbocco da Zeir Anpin e quindi si sparge diramandosi in trentadue vie”. Zeir Anpin, il “Piccolo Volto” o “Aspetto Minore” è l’Adamo Celeste, Adam Kadmon o l’Uomo. Nello Zohar l’uomo è considerato quale le ventidue lettere dell’alfabeto Ebraico a cui si aggiunge la decade; da qui, i trentadue simboli delle sue facoltà o sentieri.
VIHARA – (Sans.) – Qualsiasi luogo abitato da sacerdoti o asceti Buddisti; un tempio Buddista, in genere un tempio nella roccia o caverna. Un monastero o anche un convento. Oggi si trovano Vihara costruiti all’interno di monasteri e accademie per la pratica Buddista in città e villaggi; ma nei tempi antichi si trovavano solo nelle giungle selvagge e non frequentate, sulle cime di montagne e nei luoghi più deserti.
VIHARASWAMIN – (Sans.) – Il superiore (uomo o donna) di un monastero o convento, Vihara. Chiamato anche Karmadana, poiché ogni istruttore o Guru che abbia autorità prende su se stesso la responsabilità di certe azioni, buone o cattive, commesse dai suoi allievi o dal gruppo a lui affidato.
VIJNANAM (Sans.) – Il nome vedantino per il principio che dimora nel Vijnanamaya Kosha (il veicolo dell’intelletto) e corrisponde alle facoltà del Manas Superiore.
VIKARTTANA (Sans.). Significa “spogliato dei suoi raggi”; nome del Sole, e prototipo dell’iniziato neofita. (Vedi Dottrina Segreta, Cosmogenesi, pag. 407).
VIMOKSHA (Sans.) – Uguale a Nirvana.
VINA (Sans.) – Un tipo di liuto largo usato in India e Tibet, la cui invenzione è attribuita variamente a Shiva, Narada, ed altri.
VINATA (Sans.) – Una figlia di Daksha e moglie di Kashyapa (uno dei “sette oratori” del mondo). Ella generò l’uovo dal quale nacque Garuda il veggente.
VIPRACHITTI (Sans.) – Il capo dei Danava, i giganti che combatterono contro gli dei; i Titani dell’India.
VIRABHADRA (Sans.) – Un mostro con migliaia di teste e migliaia di braccia, “nato dal soffio” di Shiva Rudra, un simbolo che si riferisce ai “nati dal sudore” la seconda razza dell’umanità. (Dottrina Segreta, vol. IV°, pag. 225).
VIRAJ (Sans.) – Il Logos Indù nei Purana; il Manu maschio, creato nella parte femminile del corpo di Brahma‚ (Vach) da quel dio. Dice Manu: “Avendo diviso il suo corpo in due parti, il signore (Brahma) diventò con una metà maschio e con l’altra metà femmina; e in lei egli creò Viraj”. Il Rig-Veda fa nascere Viraj da Purusha, e fa nascere Purusha da Viraj. Quest’ultimo è il modello di tutti gli esseri maschili, e Vach, Sata-rupa (quella dalle cento forme), il modello di tutte le forme femminili.
VISCHIO – Questa pianta curiosa, che cresce solo da parassita su altri alberi, quali il melo e la quercia, in molte religioni antiche era una pianta mistica, particolarmente nella religione dei Druidi Celti; i loro sacerdoti tagliavano il Vischio con un gran cerimoniale, in certe stagioni, e solo con un coltello d’oro particolarmente consacrato. Hislop suggerisce una spiegazione religiosa per la quale il Vischio, essendo un Ramo che ha origine da un albero Madre, era adorato quale Ramo Divino che ha origine da un Albero Terrestre, l’unione dell’umanità con la divinità. Il suo nome in tedesco significa “panacea”. Paragonate il Ramo d’Oro nell’Eneide di Virgilio, VI, 126, e Storia Naturale di Plinio, XVII, 44: Sacerdos candida veste cultus arborem scandit, falce aurea demetit. (w.w.w.).
VISHNU (Sans.) – Seconda persona della Trimurti (trinità) Indù, composta da Brahma, Vishnu e Shiva. Dalla radice vish, “pervadere”. Nel Rig-Veda, Vishnu non è un dio supremo, ma semplicemente una manifestazione dell’energia solare, che “percorre le sette regioni dell’Universo in tre passi e avvolge tutte le cose con la polvere (dei suoi raggi)”. Quali che possano essere gli altri sei significati occulti di questa affermazione, esso si riferisce alla stessa classe di modelli quali i sette e i dieci Sefiroth, come i sette e i tre orifizi dell’Adam Kadmon perfetto, come i sette “principi” e la triade superiore nell’uomo, etc. etc.. In seguito, questo modello mistico diventa un grande dio, il preservatore e il rinnovatore, “quello dai mille nomi – Sahasranama”.
VISHWAKARMAN (Sans.) – “L’Onnificente”. Un dio Vedico, personificazione della Forza Creativa, descritto come “dio onniveggente… il generatore, il dispositore, colui che… è al di sopra della comprensione dei mortali (non-iniziati)”. Nei due inni del Rig-Veda particolarmente dedicati a lui, si dice di lui che “sacrifichi se stesso a se stesso”. I nomi di sua madre, “l’amabile e virtuosa Yoga-Siddha” (Purana), e di sua figlia Sanjna (coscienza spirituale), mostrano il suo carattere mistico. (Vedi Dottrina Segreta, Cosmogenesi pag. 345, 603, 662; Antropogenesi pag. 112, 195, 390, 637). Come artificiere degli dei e costruttore delle loro armi, è chiamato Karu, “operaio”, Takshaka, “carpentiere”, o “taglialegna”, etc., etc..
VISHWATRYARCHAS (Sans.) – Il quarto raggio solare (mistico) dei sette. (Vedi Dottrina Segreta, Cosmogenesi, pag. 662 nota).
VIVASWAT (Sans.) – Lo “Splendente”, il Sole.
VIWAN (Sans.) – Un tipo di “mezzo aereo”, come un pallone, menzionato ma non descritto nelle antiche opere Sanscrite, che gli Atlantidei e gli antichi Ariani sembra abbiano conosciuto e usato.
VOLONTÀ – In metafisica e nella filosofia occulta, la Volontà è ciò che governa l’universo manifestato, per l’eternità. La Volontà è l’unico ed il solo principio del MOVIMENTO eterno ed astratto, o l’essenza che lo anima. “La volontà”, dice Van Helmont, “è il primo di tutti i poteri… La volontà è la proprietà di tutti gli esseri spirituali e si mostra maggiormente in coloro che sono più liberi dalla materia”. E Paracelso insegna che “una volontà determinata è il principio di tutte le operazioni magiche. È perché gli uomini non immaginano perfettamente e no n credono nel risultato, che ritengono le arti (occulte) incerte, mentre esse sono perfettamente certe”. Come tutto il resto, la Volontà è settenaria nei suoi gradi di manifestazione. Emanata dall’unica, eterna, astratta e puramente quiescente Volontà (Atma in Layam), essa diventa Buddhi nel suo stato di Alaya, discende più in basso come Mahat (Manas) e corre giù lungo la scala dei gradi finché il divino Eros diventa, nel suo stadio più basso, desiderio erotico. La Volontà, come principio eterno, non è spirito né sostanza, ma ideazione eterna. Come bene si esprime Schopenhauer nei suoi Parerga: “nella cruda realtà non vi è materia né spirito. La tendenza alla gravità in un sasso è tanto inspiegabile, quanto il pensiero nel cervello umano. Se la materia può cadere per terra e nessuno ne conosce il perché, allora essa può anche, e nessuno sa perché, pensare… Anche in meccanica, quando andiamo oltre ciò che è puramente matematico, quando raggiungiamo l’imperscrutabile coesione, la gravitazione, e così via, ci troviamo davanti a fenomeni che, per i nostri sensi, sono tanto misteriosi quanto la VOLONTÀ”.
VOLTI Cabalistici – O, come sono chiamati in Ebraico, Partzupheem. Abitualmente la parola si riferisce ad Areekh Anpeen o Faccia lunga, a Zeir-Anpeen o Faccia corta, ed a Resha Hivrah, la “Testa Bianca”, o Faccia. La Cabala afferma che al momento della loro comparsa (l’ora della differenziazione della materia) tutto il materiale per le forme future era contenuto nelle tre Teste che sono una, e che sono chiamate Atteekah Kadosha (i Santi antichi e le Facce). Quando le Facce si guardano l’un l’altra, allora i “Santi Antichi” nelle tre Teste, o Atteekah Kadosha, sono chiamati Areek Appayem, cioè “Facce Lunghe” (Vedi Zohar, III, 292a). Tutto ciò si riferisce ai tre Principi Superiori, sia cosmici che umani. (2) In forma semplificata, per Facce Cabalistiche talora si intende Nephesh, Ruach e Nashamah ossia l’Anima animale (vitale) la Spirituale e la Divina nell’uomo – come dire Corpo, Anima e Mente.
VOLTO INFERIORE o Aspetto Minore (Cab.) – Un termine applicato al Microprosopus, come quello del “Volto Superiore” lo è al Macroprosopus. I due termini sono identici rispettivamente a Volto Breve e Volto Lungo.
VOLUSPA (Scand.) – Poema chiamato “Il Canto della Profetessa” o “Canto di Wala”.
VOODOO – Un sistema di stregoneria Africana; una setta di maghi neri, alla quale i negri di New Orleans sono molto dediti. È ugualmente fiorente a Cuba e nell’America Meridionale.
VOORDALAK (Sl.) – Un vampiro; un cadavere animato dai suoi principi inferiori, e che conserva in sé una specie di semi-vita alzandosi durante la notte dalla tomba, ammaliando le sue vittime viventi e succhiando loro il sangue. Rumeni, Moldavi, Serbi e tutte le tribù Slave che abitano i Balcani, e anche i Tchech (Bohemi), Moravi e altri, credono fermamente nell’esistenza di questi spettri, e per questo motivo ne hanno paura.
VOTAN (Mess.) – L’eroe divinizzato dai Messicani, e probabilmente identico a Quetzal- Coatl; un “figlio dei serpenti”, uno che è ammesso “alla tana del serpente”, il che significa un Adepto ammmesso all’Iniziazione nella camera segreta del Tempio. Il missionario Brasseur de Bourbourg cerca di provare che Votan è un discendente di Ham, il figlio maledetto di Noè. (Vedi Iside Svelata, vol. I°, pp. 545 e seg.).
VRATA (Sans.) – Legge, o potere degli dei.
VRATANI (Sans.) – “Leggi attive” di Varuna, corsi di azione naturale (Vedi Inni del Rig-Veda, X, 90-91).
VRIDDHA GARGA (Sans.) – Da Vriddha, “antico”, e Garga, un antico saggio, uno dei più vecchi scrittori di astronomia.
VRIDDHA MANAVA (Sans.) – Le leggi di Manu.
VRITRA (Sans.) – Il demone della siccità nei Veda, un grande nemico di Indra, con il quale è costantemente in guerra. Allegoria di un fenomeno cosmico.
VRITRA-HAN (Sans.) – Titolo di Indra che significa “l’annientatore di Vritra”.
VYAHRITIS (Slav.) – Significa “ardente”, parole accese e nate dal fuoco. Le tre parole mistiche e creative, dette da Manu, che erano state spillate come latte dai Veda dai Prajapati: bhur, dal Rig-Veda; bhuvah, dal Yayur-Veda; e Swar, dal Sama-Veda (Manu, II°, 76). Si dice che tutte e tre posseggano poteri creativi. Il Satapatha Brahmana spiega che esse sono “le tre essenze luminose che i Prajapati (“signori della creazione”, progenitori) estrassero dai Veda, tramite il calore. “Egli (Brahma‚) pronunciò la parola bhur, ed essa divenne la terra; bhuvah, ed essa divenne il firmamento; e swar, che divenne il cielo. Mahar è la quarta “essenza luminosa”, e fu presa dall’Atharva-Veda. Ma, poiché questa parola è puramente mantrica e magica, è, per così dire, tenuta in disparte.
VYASA (Sans.) – Significa, uno che espande o amplifica; un interprete, o meglio, un rivelatore; poiché ciò che egli spiega, interpreta ed amplia è un mistero per il profano. Questo termine, nell’antichità era applicato ai Guru Indiani più elevati. Vi furono molti Vyasa in Aryavarta; uno fu il compilatore e classificatore dei Veda; un altro, l’autore del Mahabarata – il ventottesimo Vyasa o rivelatore in ordine di successione – mentre l’ultimo degno di nota fu l’autore dell’Uttara Mimansa, la sesta scuola o sistema di filosofia Indiana. Egli fu anche il fondatore del sistema Vedanta. La data, a lui assegnata dagli Orientalisti (vedi Elphinstone, Cowell, etc.) è di 1.400 anni a. C., ma questa data è certamente troppo recente. I Purana menzionano solo 28 Vyasa, che in epoche diverse scesero sulla terra per promulgare verità Vediche, ma ve ne furono molti di più.

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