Ricette stupefacenti

NEL CINQUECENTO, SCIENZIATI E INTELLETTUALI LEVARONO LA PROPRIA VOCE IN FAVORE DELLA RAGIONEVOLEZZA, SOSTENENDO L’ORIGINE FARMACOLOGICA DELLA STREGONERIA E FORNENDO PERFINO GLI INGREDIENTI DELL’UNGUENTO USATO DALLE STREGHE PER “VOLARE”
Un altro fattore che può aver contribuito al declino (temporaneo) delle persecuzioni potremmo ravvisarlo anche in quella sorta di scetticismo di matrice umanistica che si diffuse intorno ai temi riguardanti le pratiche magiche e stregoniche. Argomentazioni come quella intorno alla magia operata con mezzi naturali, senza cioè l’aiuto dei demoni, il considerare le streghe niente altro che delle povere vecchiette innocue e malate, vittime dell’inganno, ebbero quantomeno l’effetto di insinuare dubbi sulla realtà di questo diffuso fenomeno.
Il Diavolo Con la Valigia
Tale fu la lettura del De naturalium effectuum causis de incantationibus di Pietro Pomponazzi, pubblicato nel 1556 ma scritto trentasei anni prima su sollecitazione del medico mantovano Ludovico Panizza: i prodigi a cui spesso si assisteva erano riconducibili ai diavoli?
Se la magia è una scienza pratica- osservava Pomponazzi- la cui finalità è nei suoi effetti meravigliosi , non ha importanza se a operare tali effetti sia un angelo o un diavolo: siamo sempre in presenza di un atto naturale. L’azione di un demone differisce da quella di un uomo solo in “virtù delle circostanze” (ratione applicatium), non per il principio applicativo, che è il medesimo. Ne deriva che un mago può giungere alle sue conoscenze anche senza il commercio con i diavoli, visto che la magia, in quanto scientia factiva, è pur sempre una perfezione della mente. Contro ogni ingerenza del mondo soprannaturale o invisibile sulle forze concrete della natura, Pomponazzi arriva a prendersi gioco dei diavoli che, stando a quanto si credeva in giro, dovevano portarsi dietro vasi di unguenti e scatole di medicine come chirurghi e farmacisti.
Se, all’incirca fino alla pubblicazione del Malleus, le uniche voci discordi si richiamavano alle finte illusioni di cui parlava il Canon, nel Cinquecento scienziati e intellettuali formularono altre teorie, molto più moderne e razionalistiche. Le streghe sono si povere donnette, ma non hanno perse la fede in Cristo: solo, sono vittime della povertà, dell’ignoranza, della denutrizione o, magari, di sostanze allucinogene contenute in unguenti o decotti vegetali.

Una Favola In Cerca Di Autore
Una di queste voci fu quella di Giovan Francesco Ponzinibio che, nel suo De lamiis et excellentia iuris utriusque (1519), negava la realtà del volo delle streghe al sabba e più n generale le cose che si riteneva avvenissero per arte del demonio (o per arte magica, necromatica, idiomatica..): “sono false e fantastiche”, sosteneva. Ritornando al Canon, queste persone sono illuse dal demonio, che ha molto potere su di loro perché gente rozza, facile a essere ingannata e, soprattutto ignorante. E si sa che l’ignoranza è la prima maestra di questi errori. Più ancora, è gente di scarsa fede, dai costumi corrotti e sempre desiderosa di cose turpi. A suo modo è anche questa una difesa.
Anche al Sud dell’Italia si levarono voci di ragionevolezza, contrarie alla direzione demonopatologica del resto d’Europa. Il primo fu l’umanista Antonio de Ferrariis, detto Galateo dalla sua terra di nascita, Galatone in Puglia. Nel suo De situ Japygae, composto verso il 1510° poco prima, l’umanista si meraviglia per “come questa favola abbia invaso tutto il mondo, e si propagò tra le genti misere: senza autore certo, senza alcuna ragione, senza esperimento di sorta ciascuno crede quel che non vide, e che non è punto vero; stiamo altrui testimonianza, e di uomini ignorantissimi; crediamo a larve puerili, a fole da vecchie, e diamo maggior fede agli orecchi che agli occhi”. Soprattutto, dimostrando grande lucidità, sensibilità antropologica e senso del diritto: “nessuno è testimone oculare, tutti confessano aver inteso da altri”.
Un altro meridionale fu il noto Giovanbattista Della Porta che, nell’intento di mostrare come anche il famigerato volo delle streghe fosse riconducibile entro i confini della natura, diede quella famosa “ricetta” dell’unguento con il quale le streghe si spalmano il coro per andare al sabba.

La “Chimica” Del Volo
Con lo scienziato napoletano, l’accento viene posto su una presunta “naturalità”, diremmo quasi una chimica farmaceutica, di un argomento che era di totale appannaggio della demonologia.
Questo coraggioso tentativo di riportare l’accento entro i confini della natura costerà caro al Della Porta, da allora fatto oggetto di feroci critiche da parte di giudici, teologi e Santo Uffizio di Roma.
“Una smania esagerata di sensazioni morbose- scrive Della Porta- ha così tanto invaso le menti degli uomini da portare all’abuso di sostanze che la generosa natura ha elargito agli uomini. Di molte di esse messe insieme sono composti unguenti delle streghe che, benché stiano insieme a molte superstizioni, è palese per chi li osserva che la loro efficacia viene da forze naturali”. A questo punto, lo scienziato spiega che le streghe cuociono in un vaso di rame grasso di bambini sciolto in acqua. Forse Della Porta qui non si rende conto di quanto sia compromettente quest’ultimo componente: il grasso di bambini non si trova certo dallo speziale. Ma lui è uno scienziato, e si limita a trascrivere fedelmente. Non a caso antepone allo scritto un laconico (misterioso e ambiguo) “Dirò quanto ho appreso dalle streghe”.
Continuando, quando questo nauseabondo elemento diventa più solido, le streghe vi aggiungono aconito, foglie di pioppo e ragnatele , oppur sium (un’ombrellifera simile all’erba cannella), acorus (iris pseudoacorus) sangue di pipistrello, potentilla e solano. “Appena l’unguento è pronto se ne spalmano il corpo, strofinando la pelle fino ad arrossarla, in modo che si rilassi, si dilatano i pori e l’olio penetri più profondamente nei tessuti, causando così una reazione più rapida e violenta. Così nelle notti di luna piena credono di volare per aria e andare a banchetti con suoni, tripudi e bellissimi giovani, che soprattutto desiderano: così grande è la forza dell’immaginazione e della suggestione da riempire tutta quella parte del cervello chiamata memorativa”. Inoltre, aggiunge l’autore, sono aiutate in queste allucinazioni dai cibi che di solito mangiano “e cioè castagne, legumi e radici”

Incoscienti Per Ore
Della Porta dovette presto rendersi conto che rivelare la ricetta (esecrabili secreti) fu un errore, o quanto meno una leggerezza, così nella seguente edizione del suo lavoro ritiene saggiamente che “per non fomentare la curiosità degli uomini e degli empi che adopererebbero queste cose in mala parte, taceremo quelle composizioni”.
Ma l’esistenza dell’unguento non è una novità del letterato napoletano. Né parlò finché l’inquisitore Bartolomeo Spina (sec.XV), che non si può certo tacciare di razionalismo o di chiaroveggenza botanico-chimica, ma che fu anzi un convinto assertore della realtà della stregoneria e un sottile detrattore e critico del Canon episcopi, un testo frutto di un concilio del quale non si conosceva chi l’avesse indetto: “Numerosissimi concili- scriveva ambiguamente- furono infatti indetti da eretici e scismatici . Anch’egli era a conoscenza di quest’unguento e riporta dei casi di donne che, dopo essere unte, rimanevano immobili e incoscienti per ore, anche dinanzi a testimoni oculari.
Molti processi e trattati riportano episodi di unguenti o per lo meno la loro tradizione, la cui importanza è dimostrata anche al termine con il quale spesso si definivano le streghe, pixidarie, dalle pissidi “in quibus unguenta ponunt”, come scriveva Giordano da Bergamo verso il 1470. Siamo informati di tali pomate fin dagli anni delle prediche di Bernardino da Siena (1427), o dal processo i Matteuccia de Francisci svoltosi a Todi (1428).

L’Esperimento Del Frate
Qualche anno dopo, il già citato Nider nel suo Formicarius riporta un episodio di unzione che sembrerà diventare, con poche varianti, un punto di riferimento della letteratura posteriore sull’argomento.
L’autore riferisce un episodio occorso a un padre domenicano il quale, pur di dimostrare la falsità delle opinioni di una strega riguardo al volo notturno, chiese di essere presente a una di queste partenze:”Ella rispose: se è così di tuo gradimento, mi vedrai partire alla presenza di ottimi testimoni. La donna entrò in un recipiente dove si suole fare la pasta, posto su di uno scanno e, spalmatosi l’unguento e pronunziati gli incantesimi, reclinato il capo subito si addormentò e, per opera del demonio, sognò la signora Venere- la stessa che abbiamo già vista andare in giro con Pierina e Sibilla, ma con ancora un altro nome- e di altre superstizioni tanto intensamente che cominciò a gridare di gioia con voce alterata e ad applaudire, ma in questo suo moto mosse eccessivamente il recipiente in cui sedeva e cadde dallo scanno e si ferì il capo”. Terminato l’esperimento , il frate tentò di convincere la donna: “Non sei stata con Diana, i presenti non ti hanno vista lasciare questo recipiente” ma, sebbene Nider ci assicuri che la donna si pentisse dei suoi errori, questa credenza certo fece molta strada, nel senso letterale della parola.

Grasso Di Bambini Ed Erbe Soporifere
In un altro punto del Formicarius, veniamo a conoscenza del modo di fabbricare l’unguento, ma senza l’elencazione dei componenti. Anche qui si usa un grasso di bambini (presi dalla tomba), ricavato dalla decozione delle carni “fino a quando, staccatesi le ossa, quasi tutta la carne diviene mangiabile e bevibile. Dalla sostanza più solida facciamo l’unguento adatto alle nostre arti e trasformazioni; con la sostanza più liquida riempiamo una fiasca o un otre dal quale chi beve, con l’aggiunta di alcuni rituali, viene reso cosciente della nostra setta. Inoltre , viene precisato nell’episodio, chi beve dall’otre “sente nascere dentro di sé le immagini della nostra setta e la consapevolezza dei riti principali di questa”.
Contemporaneo di Della Porta fu Andrei Fernandez de Laguna, medico di corte degli imperatori Carlo V e Filippo II. Anch’egli fu sostenitore della teoria farmacologia: “La maggior parte delle illusioni delle streghe e degli stregoni devono essere dovute agli unguenti con i quali si ungono: la loro eccessiva freddezza li rende così incoscienti che durante i loro lunghi sonni appaiono migliaia di strane visioni così insistenti che una volta svegli confessano peccati mai commessi”.
Nel 1545, avendo trovato in casa di una strega un vasetto di un unguento, provò ad analizzarlo (con metodi abbastanza empirici per la verità), concludendo che doveva essere composto di “materie fredde” ed erbe soporifere come la cicuta, L’ Atropa belladonna, lo Hyosciamus niger e la mandragora. Fece anche un esperimento, facendo ungere una donna che rimase incosciente per trentasei ore, confessando al risveglio di essersi unita con un bel giovane

Sciocchezze Ed Empietà
Non poteva mancare tra la schiera dei “razionalisti” Girolamo Cardano, che nel De subtilatate, iniziato verso il 1534 (pubblicato a Norimberga nel 1550), riporta un’altra ricetta di unguento e altrove parlerà dell’alimentazione che influenza i sogni: sono donnette, le streghe, mendiche e misere, che vivacchiano nelle valli cibandosi di erbe di castagne. Se non prendessero un po’ di latte non vivrebbero affatto. Similmente il dotto medico del Brbante Johannes Wier (sec XVI) sostenne nel suo De prestigiis daemonum, che le streghe non possono paragonarsi agli eretici, essendo solo “vecchie malanconiche” che non sono padrone neanche dei loro sensi.
Inoltre, riguardo al contenuto del Malleus non aveva dubbi: contiene “sciocchezze, assurdità e molto spesso empietà”. Seguendo la moda degli scettici del tempo, anhe Wier offre la sua ricetta, nel III libro del De lamiis. Non è molto diversa dalle altre,tranne che per un’aggiunta di loglio di papaveri e di poco altro.

Delirio Tossico
La sapienza farmacologia della stregoneria, per quanto trovi sostenitori ancora oggi (chi scrive fu tra quelli), non è mai stata chiarita con certezza, e forse sarebbe il caso di osservarla meglio. Al di là di alcune ipotesi ingenue, che vedrebbero nella stregoneria un delirio tossico dovuto all’assunzione delle varie droghe componenti l’unguento, l’ipotesi “farmacologica “non propone una corrispondenza meccanica tra sostanze psicotrope e i vissuti stregonici, bensì una più approfondita conoscenza delle piante, dei loro valori anche simbolici (oltre che chimici) e del contesto culturale, nel quale queste presunte droghe venivano assunte. L’unguento stregonico non cela alcun messaggio “naturale” implicito (a una certa sostanza corrisponde una certa “allucinazione), ma è pur sempre un insieme di sostanze (che appartenevano alla cultura stregonica medievale fin da quando le donne erano semplici herbariae), che potrebbero servire a innescare e amplificare un complesso di significati culturali e simbolici che si celavano dietro le singole culture, i gruppi, le persone che abitavano alcune zone dell’Europa medievale. Come non ripensare a quelle parole del giovane citato da Nider: “Chi beve, con l’aggiunta di alcuni rituali , viene reso cosciente e diviene maestro della nostra setta… Sente nascere dentro di sé le immagini della nostra setta e la consapevolezza dei riti principali di questa”.

Rapporto Di Dipendenza
Ci troviamo davanti a un’ennesima interpretatio inquisitorialis? Certo, trovarsi di fronte a “sogni”, stati alterati di coscienza, mostra lo statuto epistemologico dubbio, talora ambiguo e sfuggente dell’elemento tossico della stregoneria, e la migliore conoscenza di questi stati non vuole giungere a decodificare universalmente riconosciute. Solo, piuttosto, scandagliare più a fondo e nei singoli contesti cosa significhino concetti come “drogarsi” o dipendere dalle droghe, come (forse) facevano i nostri stregoni. Ma analizzare gli unguenti, più in generale la tossicità delle singole sostanze che li componevano, non basta per porsi il problema della loro tossicità intrinseca. Più importante sarebbe invece analizzare l’atteggiamento individuale, ma soprattutto sociale, che si produce nei confronti delle droghe: in altre parole il famoso “rapporto di dipendenza”, che non è mai solo dipendenza da una sostanza, quale che sia, ma da un insieme di valori, norme e comportamenti. Come dire, un problema culturale. 

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