La strega si ammala

Con l’età dei Lumi, tutto il sistema di devianze e rappresentazioni diaboliche che aveva fatto dannare teologi e inquisitori passa definitivamente dal campo dell’eresia a quello, più rassicurante, della patologia psichiatrica.
Lungo il corso del Seicento, prima del tramonto definitivo dell’accusa di stregoneria, che avverrà un po’ in tutta Europa nel secolo seguente, assistiamo a vari fenomeni che restano in qualche modo collegati ai procedimenti giuridici di cui abbiamo parlato fin qui: casi di possessioni diaboliche collettive. Fra quelli accaduti in Francia, il primo, nel 1609, si svolge a Aix- en- Provence, dove la monaca Madeleine Demandois de la Palude, sottoposta a esorcismi pubblici, accusa il curato di Marsiglia padre Louis Gaufridy di averla stregata. Il clamore che ne segue costringe la Corte sovrana ad arrestare questo pur prestigioso sacerdote. Sottoposto a tortura, ovviamente confesserà di aver fatto un patto con il demonio, di aver partecipato al sabba e tutte le altre cose che si volevano da lui.
LE MONACHE DI LOUVIERS
Più noti furono i casi delle monache di Loudun, un intrigo politico-psicologico che portò al rogo i discusso Urban Grandier, l’8 agosto del 1634, e quello di Louviers, con il medesimo epilogo. Qui , nel 1647, vengono messi al rogo Thomas Boullè e il cadavere del curato Mathurin Picard. Ma non è da trascurare il fatto che ci fu anche un’inchiesta da parte di un medico, protetto dalla reggente Anna d’Austria, il quale si oppose alla tesi corrente della possessione diabolica, dichiarando le monache di Louviers afflitte da disturbi psichici. Anche se le più classiche accuse di stregoneria andranno avanti tutto il corso del secolo e ancora nel seguente, qualcosa cominciò a cambiare. Tra le persone comuni, tra i giudici, tra i dotti. I grandi processi e i grandi casi di possessione diabolica cui abbiamo accennato, oltre a far riflettere la gente e a diffondere un misurato scetticismo, dimostrarono ampiamente che spesso in queste accuse andavano di mezzo anche persone assolutamente innocenti, addirittura in odore di santità, come fu il caso di Mathurin Picard. È emblematico in questo senso l’atteggiamento tenuto dagli abitanti della tedesca Lindheim che, nel 1661, si rivoltarono contro il magistrato Geinsz che accusava una levatrice e altre sei donne di aver ucciso un bambino, e che fece incarcerare addirittura i suoi genitori, colpevoli di difendere la stessa levatrice. Anche se la donna fu giustiziata, al sollevazione che ne seguì costrinse i giudice alla fuga, e comunque il caso venne chiuso.

IL MARCHIO DEL DIAVOLO
Cambia, anche la mentalità giuridica. Non simultaneamente però, visto che in paesi come le Fiandre questo cambiamento cominciò nel Seicento mentre in Polonia i processi diminuirono solo nel 1725, ma qualcosa, lentamente, iniziò a mutare. Ora i tribunali cominciarono a richiedere prove del reato più solide: il cosiddetto “marchio del diavolo”, per due secoli circa prova inconfutabile di un avvenuto patto tra diavolo ed essere umano, non è più accettato nelle corti. Ne consegue che la confessione, priva di elementi demoniaci prima che intervenisse la tortura, diviene l’unico appiglio legale alla condanna.Ma le confessioni, Spee ce lo ha dimostrato, non vengono mai spontaneamente. Inoltre, la procedura inizia a essere irreversibilmente modificata: in Francia, nel 1665, il ministro Colbert avvia la riforma del codice penale che culminerà nella grande ordinanza del 1670, dove è omesso ogni accenno alla stregoneria. Fondamentale invece fu, sempre in francia, nel 1682, l’editto sui maghi, gli indovini e gli avvelenatori, che prevedeva la loro punizione sol oin presenza di prove materiali: scompariva quindi la possibilità di promuovere un processo solo sull'”infamia”.
Cambia la mentalità dei dotti, che ora hanno il Discorso sul metodo (1637) di Cartesio sulla scrivania. Certamente lo lesse il pastore protestante Balthasar Bekker, prima di scrivere, nel 1691:”L’impero del diavolo è solo una chimera ed egli non possiede alcuno dei poteri né delle funzioni che gli vengono normalmente attribuite”.

CASI CLINICI
La stregoneria comincia a essere relegata “nuovamente” tra le superstizioni, da cui uscirà solo per entrare nei gabinetti psichiatrici. Questo processo di laicizzazione o medicalizzazione della credenza stregonica nacque, come abbiamo visto, molto presto in Europa, ma fu audacemente teorizzato da Wier nelle sue opere.
Non sorprende che egli fosse un medico. Saranno la medicina, meglio la psicopatologia, che tenteranno presto di avere l’appalto esclusivo di tutti i vissuti “diversi”del mondo moderno: dalle possessioni diaboliche alle devianze di fede. Anche oggi, in fondo, quando un giovane sceglie volontariamente di aderire a una setta religiosa diversa da quelle “ufficiali”, non viene sempre invocato un necessario e condizionante “lavaggio del cervello”? Ossia, un indebolimento della coscienza, dell’esistenza, uno stato patologico, anche se transitorio e revocabile attraverso un appropriato “decondizionamento”. A dire il vero la stessa Inquisizione più volte accettò questa visione medica del fenomeno, come, tra i tanti, nel caso della strega Juanita Rosquells, che nella Barcellona del Cinquecento fu ritenuta demente.
Non sapendo che fare, gli inquisitori si rimisero alla Suprema, la quale ne ordinò il rilascio. Pur nella sua eccezionalità, visto che coloro che erano giudicati insani di mente erano rinchiusi in un monastero o in un ospedale, casi del genere non furono rari durante la caccia alle streghe.

EROINE DI CELLULOIDE
Uno dei primi film che riguardino la stregoneria è Haxan (1922), uscito in Italia con il titolo La stregoneria attraverso i secoli. Questo capolavoro di Benjamin Christensen è in realtà un documentario sui malefici e le magie, dell’antico Egitto, al Medioevo e ancora fino al Novecento, epoca in cui gli isterici, successori delle streghe, venivano considerati posseduti dal demonio e rinchiusi in sanatori, praticamente abbandonati a se stessi. Il film risulta ancora audace per i contenutie originale, sia per la struttura, sia per le immagini, sapientemente costruite sui toni forti del bianco e nero e che rimandano alla pittura di Bosch e Bruegel con un gusto tutto fiammingo per la natura morta. Rimangono impressionati, nonostante gli anni, quei primi piani dei volti delle streghe.
Del 1942 è Ho sposato una strega, di Renè Clair, dove una strega del Seicento si reincarna in una donna dei giorni nostri e tenta di vendicarsi su un discendente dell’uomo che la mandò al rogo. La donna, invece, si innamorerà della sua vittima.
Un capolavoro di Carl Theodor Dreyer è Dies Irae (1943), incentrato sulle accuse e sul processo, in un borgo danese, contro la moglie di un pastore protestante.
La drammaticità del film è volutamente accentuata dalla lentezza quasi teatrale imposta alla recitazione, e all’approfondimento psicologico dei singoli personaggi. Nulla toglie alla bellezza e all’interesse del film il fatto che non segua eccessivamente la storia reale di Anna Pedersdotter Absalon, processata da un tribunale civile anziché ecclesiastico, come si vede nelle ultime scene. Resta comunque un film illuminante per comprendere la natura della stregoneria “nordica”.
Dopo Il giardino delle streghe (1944) di Val Lewton, Il ritratto di Jenni (1948) di William Dietrle e La strega del Rodano (1950) di Raymond Bernard, La strega (1954) di Andrè Michel richiama ancora ambienti rurali e svedesi in una drammatica storia che termina con la morte di entrambi i protagonisti, Ina, la “strega”, e il suo uomo.
Se Una strega in paradiso (1958) è una commedia divertente con Kim Novak, James Stewart e Jack Lemmon, con La fontana della vergine (1959) ritorniamo ai temi religiosi e magici di Haxam. Qui Ingmar Bergman riese a esplorare con intensità il mondo dell’occulto e i suoi drammi.
Per i tempi più recenti, ci limitiamo a citare Le streghe di Eastwick (1987) di Geroge Miller, Visioni del sabba (1987) di Marco Belloccio, e Nonna (Yaaba 1989) di Idrissa Ouedrago, giovane regista di Burkina Faso.

Opinioni Illuminate
Nel Settecento italiano ritornerà nuovamente tutta la tematica che nei secoli precedenti girava intorno agli onirismi, al sonno e alla veglia, al debutto dilemma se i voli delle streghe (o di figure come quelle dei badanti) fossero compiuti in estasi o con il corpo reale. Soprattutto nell’ambito di quella sorta di rinnovamento culturale che sembra prendere le mosse da Ludovico Antonio Muratori e dalla sua opera Della forza della fantasia umana (1745). Con questo autore siamo oramai alla fine della stregoneria medievale, che oramai sembra non nascondere più alcun messaggio di tipo soprannaturale, simbolico o terapeutico, essendo tutto ridotto a pura e semplice “fantasia”. Tanto più in quelle donne, che sono ritenute suggestionabili e con gravi turbamenti della mente.
Tutto diviene superstizione, peggio ancora, fole e follie: “oggidì sono di tal maniera screditate, che non v’ha più se non la gente rozza che se le bee con facilità e le crede, come fa di tant’altre vanissime relazioni e fole”..
Spinto dall’opera del Muratori (e dalle sue lettere di incoraggiamento), Gerolamo Tartarotti dà alle stampe Del congresso notturno delle lamie, nel 1749: “L’amore del prossimo e la premura di sventare le opinioni popolari, sì alla religione che alla vita civile pregiudiziali e dannose, sono stati i motivi che a stenderlo mi hanno animato”. Pur con tutte le cautele che la sua condizione di religioso gli imponevano, il Tartarotti offre la sua interpretazione “onirica” del sabba, mostrando la conseguente assurdità della persecuzione giudiziaria: “Il congresso notturno, primo e fondamentale capo d’accusa contro le streghe, è una pura immaginazione. Lo dimostreremo prendendo in esame, e dimostrandone la falsità, le principali ragioni, cominciando dalla stravaganza, per non dire impossibilità, di più circostanze del viaggio”.
Eppure, in questo pur notevole contributo al più vasto movimento di idee e di pensiero che si andava affermando in Europa con il nome generico di Illuminismo, il Tartarotti porta a maturazione quel processo di medicalizzazione già iniziato perlomeno ai tempi del Wier e che, pur sottraendo le donne e gli uomini al carcere e soprattutto ai roghi, contribuirà a seppellire definitivamente quei significati più profondi che da soli erano sottesi e nascosti dietro le confessioni degli imputati di stregoneria.

La Parola Passa Ai Medici
Le basi, culturale e mitica, sulle quali si fondavano le “storie” raccontate ai processi, tutto quel complesso sistema di rappresentazioni simboliche che gli inquisitori si rifiutavano di indagare o, semmai, nascondevano dietro le loro interpretazioni, passarono definitivamente dal campo della teologia, dell’eresia, a quello più rassicurante della malattia. Questa, inoltre, aveva l’indubbio vantaggio di poter vantare una speranza di cura o, al limite, di internamento in ospedale.
Il dibattito, ora, sembra diventare appannaggio dei medici e in particolare di quella classe emergente, in qualche modo assimilabile agli inquisitori, costituita dagli psichiatri. La spiegazione dell’intero fenomeno per loro sarà semplice, oltre che comodamente acquietante:” Gli indemoniati di qualsiasi tipo sono da classificarsi o con i maniaci o con gli ipocondriaci”, scriverà Philippe Pinel nel suo Trattato sull’insania, del 1801, bruciando in poche righe secoli di credenze nel dai mon, nei diavoli, negli esseri soprannaturali. Sulla stessa linea interpretativa fu il suo allievo Jean –Etienne- Dominique Esquirol, il quale riteneva che non solo le streghe medievali, ma tutti o quasi i criminali fossero malati di mente, da inviare in ospedale più che in carcere. Se, tra le mani di Jean- Martin Charcot, la stregoneria diviene infine un fatto di “neuropatologia”, a cominciare dai primi decenni del Novecento abbonderanno le interpretazioni mediche del fenomeno stregonesco, soprattutto quelle di carattere psicoanalitico. Così le streghe e i loro persecutori verranno analizzati alla luce della psicologia del profondo, divenendo i racconti delle prime nient’altro che deliri onirici dove saranno trasposti desideri carnali più o meno repressi allo stato di veglia e, riguardo agli inquisitori, le loro indagini corporali alla ricerca del signum diaboli e le torture da loro perpetrate sulle donne saranno interpretate come desideri sessuali inibiti e carichi di tendenze sadiche, che si trasformavano in forza distruttiva.

SESSUALITA’ PERVERSA
Nessuno esclude che dietro le toghe o tra gli accusati ci potesse essere qualche infermo di mente, ma ridurre a patologia il complesso mondo di confessioni che giravano intorno al sesso è a dir poco scandaloso. Di certo una sessualità “perversa” ritorna spesso nelle testimonianze (e abbiamo visto nelle accuse): “alcune femmine gozute che altri che il demonio non le lavoraria, per farsi ben ficar”. Questo è il semplice motivo per cui le streghe vanno al sabba, ricorda Joseph di Orzinuovi in una lettera del 1° agosto 1518. “Or quando questi usano insieme- continua la lettera- dicono che li par coire con una cosa frigida, et, honor sin auribus, cui desidera grande piapea la ha, et cussì mezzana et picola, secondo al volontà de la persona, cussì lo amante ge lo da”. Ma il variopinto mondo erotico della stregoneria, fatto di organi riproduttivi, zone erogene o altamente peccaminose, sembra essere avvolto da una grande nebbia linguistica e simbolica che confonde tutto in una rete di metafore di cui abbiamo perso la chiave.

POI FU SOLO DELIRIO
Vedere un unico modello astratto di sessualità, per giunta perversa, significa pure negare i simbolismi che pure esistevano dietro gli strani accoppiamenti “per anteriorem et posticum” nascosti in quei bizzarri racconti di animali che entravano e uscivano dai corpi delle donne. Gli stessi demoni che si accoppiavano con le streghe( con o senza piacere sessuale, con sperma freddo o caldo, fertile o infecondo) nascondono forse vere e proprie “possessioni”, e non solo in senso fisico, carnale.
Eppure, questo sembra essere il destino della strega. Con l’evoluzione della medicina e l’affermarsi del moderno alieniamo, questa continuerà a essere una malata, magari non più a causa della bile nera, ma di un male destinato a grande fortuna: l’isteria. È così che la strega, prima accusata di fare un patto con Satana, diviene vittima della sua immaginazione, ora giudicata malata.
Forse fu anche questo che contribuì a salvarla dai roghi, ma a costo di ulteriori e gravi perdite: da un lato quella della sua entità giuridica piena (essendo considerata folle aveva una responsabilità penale limitata: incapace di intendere e di volere), dall’altro la scomparsa di quei mondi mitici e simbolici sottesi alle sue confessioni, ai suoi miti, alle sue credenze, ai suoi rituali, divenuti ora freddi deliri, nient’altro che vissuti psichiatrici.

TUTTO QUELLO CHE DOVRESTE SAPERE SULLE STREGHE(Appendice)
Imprescindibili (limitandoci alla bibliografia disponibile in Italia) per avere un quadro puntuale e generale della stregoneria, sono i volumi di G.Bonomo, Caccia alle streghe,Palumboo, Palermo 1985 (3 ediz.) e B.P.Levaci, La caccia alle streghe, Laterza, Roma- Bari 1988 (ed.or. 1987). Ottime antologie sono pure M. Romanello (a.c. di), La stregoneria in Europa, Il Mulino, Bologna 1981 (3 ediz.), che raccoglie testi di vari autori, e la raccolta di fonti a cura di S.Abbiati – A.Agnolotto – M.R.Lazzati, La stregoneria, Diavoli, streghe, inquisitori dal Trecento al Settecento, Mondatori , Milano 1984.
IL penitenziale di Burcardo di Worms è tradotto in italiano in G.Ricasso – G Piana – G.Motta (a.c. di), A pane e acqua. Peccati e penitenze nel Medioevo, Europa, Bergamo,1988; ancora utile potrà essere R. Manselli, Magia e stregoneria nel Medioevo, G. Giappichelli, Torino 1976.
Sul sabba, oltre a N.Cohn (da leggere con le dovute cautele), I demoni dentro. Le origini del sabba e al grande caccia alle streghe,Unicopli, Milano 1994, rimane fondamentale, anche per le sue connessioni con lo sciamanismo, C. Ginzburg, Storia notturna. Una decifrazione del sabba, G. Einaudi, Torino 1989. per i risvolti antropologici del volume, molto utile potrebbe essere leggere, in proposito, G. Grottanelli – P. Clemente – F. Dei – A. Simonicca, Discussione su “Storia notturna”, in “Quaderni di storia”, a. XVII, n. 23, 1991, pp. 103-129, V. Petrarca, Sulla “Storia notturna” di Carlo Ginzburg, su “prospettive settanta”, n.s., a. XIII, 1991, n. 4, pp. 595-615 e G. Pizza, Sulla “possessione europea”, in I. Bellotta –A. M. De Spirito (a.c. di), Antropologia e storia delle religioni. Saggi in onore di Antonio M. di Nola, Newton & Compton, Roma 2000, pp. 303-321.
Il saggio citato di M. Bertollotti è Le ossa e la pelle dei buoi. Un mito popolare tra agiografia a stregoneria, in “Quaderni storici”, n.41, 1979, pp. 470-499.
Sui benandanti, ancora G. Ginzburg, I benandanti.Stregoneria e culti agrari tra Cinquecento e Seicento, G. Einaudi, Torino 1966(1 ediz.) e i paralleli Rumeni in M .Elide, Occultismo, stregoneria e mode culturali. Saggi di religioni comparate, G. Sansoni, Firenze 1983 (1 ediz.), pp. 77- 104.
Sulle varie figure di Holda, Perchta, Diana ecc. e la loro connessione con la Befana, si veda C. Corvino – E. Petoia , Storia e leggende di Babbo Natale e della Befana. Origini, credenze e tradizioni di due mitici portatori di doni, Newton & Compton, Roma 1999, e la bibliografia riportata. Sulle altre “superstizioni” medievali, J. C. Schmitt, Medioevo “superstizioso”, Laterza, Roma- bari 1997.
Tra la grande bibliografia sull’Inquisizione, si potrà consultare in traduzione, non integrale però, l’opera di H. C. Lea, Storia dell’inquisizione, Feltrinelli – Bocca, Milano 1974. utile, soprattutto per l’area spagnola, G. Henningsen, L’avvocato delle streghe. Eretici e inquisitori nella Spagna del Seicento, Garzanti, Milano 1990. Da rileggere è I. Mereu, Storia dell’intolleranza in Europa. Sospettare e punire.Mondatori,1979 (1 ediz.), oltre che il più recente A. Prosperi, tribunali della coscienza. Inquisitori, confessori, missionari, G. Einaudi, Torino 1966 e R. Canosa, Storia dell’inquisizione in Italia. Dalla metà del cinquecento alla fine del Settecento, in 5 voll., Sapere 2000, Roma 1984, o il più agevole L. Albaret, L’Inquisizione baluardo della fede?, Electa/Gallimard, 1999.
Per quanto riguarda il Malleus, ne esiste una traduzione parziale in italiano corredata da un’importuna introduzione: Il martello delle streghe, Marsilio, Venezia 1977. Utili sono invece le introduzioni a Il manuale dell’inquisitore di Nicolas Eymerich (con commentari di F. Pena) curato da L. Sala – Molins, Fanucci, Roma 2000.
Su streghe e donne, si possono vedere L. Parinetto, Solilunio. Erano donne le streghe?, A. Pellicani, Roma 1996( 2 ediz.) (dello stesso autore, per quanto riguarda Lutero si veda La rivolta del diavolo.Muntzer, Lutero e la rivolta dei contadini in Germania e altri saggi, Rusconi, Milano 1999) e J.M.Sallmann, Strega, in G.Duby e M.Perrot, Storia delle donne in Occidente. Dal Rinascimento all’età moderna, a.c. di N. Zemon Davis e A. Farge, Laterza, Roma- Bari, 1991, pp. 455-469. Dello stesso J. M. Sullmann è l’agevole le streghe amanti di Satana, Electa/ GAllmard, 1995.
Per quanto riguarda la stregoneria in contesti extraeuropei, oltre al classico E.E. Evans- Pritchard, Stregoneria, oracoli e magia fra gli Azande, Franco Angeli, milano 1976, si veda anche M. Douglas (a.c. di), La stregoneria. Confessioni e accuse nell’analisi di storici e antropologi, G. Einaudi, milano 1980, I. M. Lewis, Possessione, stregoneria, sciamanismo. Contesti religiosi nelle società tradizionali, ed. it. A c. di V. Lanternari, Liguori, Napoli 1993 e , per un caso di culto antistregonico recente, V. Petrarca, Messia nero. Stregoneria, cristianesimo e religioni tradizionali in Costa d’Avorio, Viella, Roma 2000.
Il saggio citato di E. De Martino è La terra del rimorso, Il Saggiatore, Milano 1961, quello di C.Gallini è La ballerina variopinta. Una festa di guarigione in Sardegna, Liguori, Napoli 1988. Ancora della Gallini, ma per quanto riguarda un aspetto inedito della medicalizzazione della strega, è La sonnambula meravigliosa. Magnetismo e ipnotismo nell’Ottocento italiano, Feltrinelli, Milano 1983. Sempre sulla medicalizzazione è utile leggere T. Szasz, I manipolatori della pazzia. Studio comparato dell’Inquisizione e del movimento per la salute mentale in America, Feltrinelli, Milano 1981( 3 ediz.).
Per concludere, molto interessanti sono stati sia il convegno, sia la mostra tenuti a Pisa nel 1994, i cui risultati sono pubblicati in Stregoneria e streghe nell’Europa moderna, a. c. di G. Bosco e P. Castelli, Min. BB. CC. E AA.- Uff. centr. Per i beni librari. Le Istit. Cult. E l’editoria – Bibl. Univ di Pisa , 1996 e, sempre curata dalla Castelli, in Biblioteca lamiarum. Documenti e immagini della stregoneria dal Medioevo all’età moderna, Pacini, 1996. 

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