L'inconsistenza scientifica dell'astrologia

di Margherita Hack
Anche prima del crollo della fisica aristotelica e dell’immagine tolemaica del mondo, l’astrologia ebbe notevoli oppositori, come documentato da una vasta letteratura. Però, la sostanza delle obiezioni era sempre di natura morale o religiosa. E anche quando si basava sull’esperienza, denunciando le false e contraddittorie previsioni degli astrologi, o si rispondeva che l’astrologo non sapeva il proprio mestiere o, più semplicemente, che se gli insuccessi erano molti, più memorabili erano i casi in cui gli oroscopi s’erano verificati. In realtà, non erano i successi o i fallimenti il criterio adatto a giudicare l’astrologia. Essa si riteneva giustificata al di là di ogni dubbio, dalla visione del mondo dominante e condivisa ovunque quasi da tutti; da una scienza di tipo qualitativo, nonché da un vivere quotidiano che aveva un’idea approssimativa delle distanze e del tempo, scandito più dalle stagioni che dalle ore. In particolare, il mondo veniva distinto in una sfera atemporale e divina, dove anche i pianeti erano dei; ovvero, dotati di particolari caratteristiche e poteri, capaci di influire su una sfera sublunare, luogo di cose pesanti e abitazione di creature mortali e corrotte. Le quali, inoltre, riflettevano nella loro costituzione, una precisa corrispondenza col mondo concepito come un grande animale. Insomma, la classica corrispondenza fra macrocosmo e microcosmo, tanto combattuta da Pico della Mirandola, nella sua celebrazione della dignità e libertà dell’uomo. Così si spiega come fosse possibile credere di leggere nelle stelle il destino degli uomini e delle cose. Stelle, pianeti, Sole e Luna, non erano soltanto indispensabili, per creare un calendario e per orientarsi, ma erano anche temuti: un’eclisse, una cometa facevano spavento dato che non si capiva con precisione né la loro natura, né la loro causa. Quando un pianeta sembrava fermarsi, sostare e tornare indietro nel suo cammino zodiacale, nonostante il carattere ciclico anche di questo fenomeno, esso destava preoccupazione e meraviglia; e, in connessione con altri aspetti del cielo, si interpretava come un segno di avvenimenti buoni o cattivi.
La rivoluzione copernicana
In antico, le parole astronomia e astrologia erano intercambiabili. La distinzione si fece via via sempre più netta, quando si prese a distinguere fra lo studio e le previsioni dei fenomeni naturali, compito dell’astronomia propriamente detta, e l’astrologia “giudiziaria”: quella, cioè, che formula giudizi sulle persone e ne predice le sorti e il destino. Questo avvenne verso la fine del 1300. Fu da allora, che, dopo una maturazione di secoli, e per un complesso di ragioni che andavano da quelle filosofiche e religiose alle scientifiche ed economiche, si diffuse una rivoluzione culturale che sconvolse proprio il cielo e la terra. E neppure è un caso, se ebbe per maggiori protagonisti Copernico e Galileo, un prete e un laico: entrambi, credenti sinceri, ma sovvertitori, loro malgrado, di un vecchio ordine e tenaci costruttori di un nuovo, non più dominato da cause occulte e da influenze soprannaturali. Il primo, col mettere il Sole al centro del sistema planetario, rispondeva ad una esigenza semplificatrice, soddisfacendo anche meglio ad un diffuso sentimento platonico che vedeva nel Sole l’immagine di Dio. Il secondo, mentre introduceva un metodo di misura e precisione per leggere la natura come un libro non meno sacro della Bibbia, scopriva col cannocchiale dei mondi insospettati, e quasi una nuova rivelazione divina. E vero che con questo nuovo metodo teorico-sperimentale, e con tali scoperte, si finiva per smantellare un plurisecolare edificio, fondato tanto sul sentimento religioso quanto sul senso comune. E si arrivava a sloggiare il Paradiso e l’Inferno, dove una folla di Angeli, Diavoli e tutti gli uomini avevano (o avrebbero avuto) una loro ben ordinata e definitiva dimora. Ma se questo poteva turbare la coscienza popolare e mettere in difficoltà i teologi e il potere della Chiesa e dei principi, d’altra parte la maniera galileiana e newtoniana di fare scienza si dimostrava non meno razionale di quella precedente, e soprattutto così feconda di risultati, che era impossibile che la vecchia struttura non rovinasse con tutto quel che conteneva, compresa l’astrologia. Come si potevano paragonare le sue discutibili previsioni, con quelle calcolate mediante la teoria della gravitazione? Quale astrologo poteva anticipare, come fece Halley, il ritorno della cometa che porta il suo nome ? Oppure, dalle perturbazioni osservate in alcuni pianeti, dedurre la presenza di altri corpi e scoprirli proprio dove gli astronomi indicavano? Sicché, avvenne che alla giovane classe colta e poi ad una cerchia sempre più numerosa, l’astrologia cominciasse ad apparire quasi come apparve a Casanova quella stagionata amante di occultisti, che era la Marchesa d’Urfé: “Il più seducente seno di Francia, quarant’anni prima”. E proprio come la illusa Marchesa si affidò per rinascere alle magiche birbanterie del veneziano, anche l’astrologia, da quel tempo, ha sempre cercato dei Casanova, subito pronti alle più rimunerative operazioni di restauro. A parte gli scherzi, interpretare la rivoluzione scientifica come una rivolta dei laici e della ragione, contro la religione cosmica, le cause occulte e anche molti aspetti della teologia cristiana, sarebbe dipingere un quadro errato e troppo semplicistico. Ciò non toglie che sia un utile schema per iscrivervi anche la storia dell’astrologia coi suoi trascorsi e ricorsi, nonché i suoi aspetti più contraddittori. Ci sembra che serva a spiegare il motivo per cui, quando predominava un qualche tipo di religione cosmica, l’astrologia veniva considerata (confusa con l’astronomia) la regina delle scienze; mentre si distingueva dall’astronomia e si dimostrava una superstizione, col prevalere di una cultura centrata sull’uomo e il suo modo di teorizzare e esperimentare.
Ciò non significa, che, per esempio, Einstein, credente in una specie di religione cosmica, lo si possa trasformare in un adepto dell’astrologia, come hanno fatto alcuni astrologi sfacciati. Egli, che si riteneva “un miscredente profondamente religioso”, sosteneva che “tutto è determinato, sia per l’insetto quanto per la stella… e che gli esseri umani, i vegetali e le polveri cosmiche, noi tutti danziamo al suono di una musica misteriosa, suonata in lontananza da un invisibile flautista…”. Però, si affrettava ad aggiungere (se mai ce ne fosse stato bisogno, e come si può riscontrare fra l’altro in un commento a delle lettere di Keplero) che “nemmeno il teorizzare logicomatematico più rigoroso… garantisce per se stesso la verità; e che la più bella teoria logica non serve a nulla nella scienza naturale, in mancanza di un confronto con l’esperienza”. E se Keplero, benché sapesse che l’astrologia era come una “piccola volpe”, seguitava a crederci, significa (prosegue Einstein) che non era riuscito a ucciderla dentro di sé. Ossia, non era riuscito a dominare quel suo difetto di teorizzare a vuoto. Vi riuscirono, non senza tentennamenti e contraddizioni, Newton e Galileo: quest’ultimo, così contrario alle cause occulte, da incorrere nell’errore di disconoscere l’attrazione esercitata dalla Luna, come causa delle maree. Tuttavia, anche loro, furono a volte considerati propensi all’astrologia, perché Galileo fece alcuni oroscopi (con risultati del tutto errati); e Newton, perché si interessò per molto tempo di profetismo biblico e di alchimia, stretta parente dell’astrologia. A questo proposito, si cita, anzi, una presunta replica di Newton all’amico anti-astrologo Halley: “Io ho studiato l’astrologia, Signor Halley, voi no!”, riportata dall’astrologo W. Gorn Old (Sepharial) nel suo libro: Astrologia Ebraica. Chiave per lo studio dei Profeti, pubblicato nel 1929. Il curioso è che una frase quasi identica si legge pure nell’ultima edizione (1911) del Testo di Astrologia di Alfred Pearce, ma usata contro Newton “per la sua asserita scoperta della vuotaggine dell’astrologia… Egli (cioè Newton) non l’esamina, perciò non può capirla”. Quel che è certo, è che Newton rifiutava le cause occulte, al contrario sia degli alchimisti che degli astrologi.

Una risposta per ogni domanda
Cerchiamo ora di illustrare meglio l’atteggiamento della scienza rispetto all’astrologia . Come si è accennato, gli astrologi non si preoccupavano delle contraddizioni più smaccate. Alla domanda: “Come mai di tre bambini nati nello stesso momento e luogo, con gli stessi segni nelle medesime case e insomma col medesimo oroscopo, uno diventa un poeta, l’altro un commerciante e il terzo un barbone?”, rispondevano: “Perché hanno un diverso “seme” (oggi si direbbe “patrimonio genetico”), e un diverso ambiente sociale, climatico e culturale”. Se invece due gemelli nascevano a due o tre ore di intervallo ed erano identici, allora significava che erano stati concepiti in tempi diversi. Ma se due gemelli nascevano appena a mezz’ora l’uno dall’altro, e tuttavia erano diversi di sesso e destino? La risposta era che mezz’ora equivale ad uno spostamento di 7,5 gradi della sfera celeste, e ciò faceva una grande differenza. Analogamente, per quanto concerne la responsabilità personale. Se un assassino si giustificava del delitto commesso affermando d’essere nato sotto un segno fatale, il giudice sosteneva che le stelle “inclinano, ma non necessitano”, e lo condannava. La situazione per gli astrologi divenne più seria non appena si rimosse la Terra dal centro e se ne fece un pianeta fra gli altri, in quanto indebolì la credenza che le influenze esterne fossero particolarmente concentrate sul nostro pianeta. Tuttavia, non era una ragione sufficiente, come dimostrava l’attaccamento di Keplero all’astrologia; e nemmeno bastarono le scoperte come le 4 lune di Giove, osservate da Galileo mediante il cannocchiale. Infatti, il fiorentino Francesco Sizzi, astronomo e astrologo, argomentava che siccome “abbiamo nella testa sette finestre narici, orecchi, occhi e bocca) corrispondenti a due pianeti favorevoli e a due sfavorevoli, ai due luminari, e soltanto Mercurio incerto e indifferente…; e che la settimana era costituita da 7 giorni aventi ognuno il nome di un pianeta, e esistendo 7 metalli ecc… tutto crollava se si aggiungevano le 4 lune di Giove. Le quali, d’altronde, essendo invisibili, non potevano avere alcuna influenza sulla Terra, e quindi non esistevano”. Sembrano argomenti da ridere, e in gran parte lo sono. D’altra parte la mistica dei numeri e delle corrispondenze ha le sue profonde radici nella credenza di un universo d’armoniosi rapporti. Mistica che, se fa prendere grosse cantonate anche a filosofi come Hegel allorché si incaponì che non potevano esistere più di 7 pianeti, e per diverse ma non troppo dissimili considerazioni, a scienziati come Eddington e tanti altri, diventa una fonte di corretta ispirazione quando (come abbiamo ricordato parlando di Einstein) viene controllata dall’esperienza. Comunque, la sconfitta dell’astrologia divenne inevitabile col moltiplicarsi dei successi dell’astronomia, il diffondersi del metodo scientifico in tutti i settori della ricerca, e il precisarsi delle relazioni fra filosofia, religione e scienza. Ieri l’astrologia era una notevole fonte di guadagni. Oggi, forse, lo è molto di più e con assai meno rischi, se ricordiamo che un tempo più vicino del nostro alla mitica età dell’oro, tanto amata dagli occultisti, ci si poteva tuttavia rimettere la testa. Come la leggenda dice sia avvenuto ai cinesi Hi e Ho, astrologi alla corte dell’imperatore Schiong-Kong, per aver mancato la previsione di un’eclisse, verificatasi nell’autunno del 2159 a.C. Ma quel che l’astrologia ha perso definitivamente, è il duplice prestigio che aveva: quello d’essere religione e scienza, una dottrina e una pratica. Gli astronomi e gli scienziati nati dalla rivoluzione scientifica, hanno così dovuto abbandonare l’astrologia, e se ci hanno perso in quattrini e sacralità, non c’è dubbio abbiano guadagnato in dignità e conoscenza: che è anche la ragione per cui il numero degli astronomi è assai minore di quello dei loro ex colleghi. Comunque, l’odierna critica dell’astrologia elenca tante obiezioni scientifiche e filosofiche, che pure limitandoci a citarne solo poche, è con la strana sensazione di maramaldeggiare che lo facciamo.

Qualche obiezione
Una prima ovvia constatazione è che gli astrologi non sono d’accordo nemmeno sulla definizione stessa d’astrologia, sebbene ci tengano moltissimo a chiamarla scientifica. Ne consegue che non sanno se i loro oroscopi servano a fare previsioni, oppure abbiano un intento più psicologico e meno divinatorio. Se guardiamo ai loro metodi, vediamo che non ne hanno uno solo. Ma anche quando si decidono a scegliere, mettiamo, l’astrologia tropicale invece di quella siderale, fra i loro risultati c’è ugualmente una completa discordanza, peraltro da essi considerata quasi inevitabile e attribuita all’interpretazione. Tanto che, a questo punto, l’astrologia non è più una scienza, ma diventa un’arte; e la discordanza, una discordanza artistica, magari in omaggio all’universale armonia. Passando ai particolari, alcuni riconoscono il fatto che le costellazioni zodiacali in realtà sono 13, e non 12 come nella tradizione classica, mentre altri discutono dell’impiego astrologico degli asteroidi, delle conseguenze della variabilità delle distanze planetarie, o del significato che si deve dare a pianeti quali Urano, Nettuno e Plutone: hanno più effetto su una generazione o sull’individuo? E per quale ragione non hanno dedotto dagli oroscopi l’esistenza di questi medesimi pianeti, o almeno di Urano, che è quasi visibile ad occhio nudo, invece di lasciare questo onore agli astronomi ? Inoltre, sempre a proposito di Urano, che è stato trovato circondato da almeno 7 o 9 anelli, quali nuove influenze attribuirgli? Giove, pure lui anelluto, acquisterà di forza e poteri benefici? E il cattivo Plutone, diventerà birichino, ora che ci si è accorti che è molto più piccolo di quanto si credesse, e intorno gli orbita una luna? Davanti a tutte queste novità, un Sizzi moderno, un astrologo scrupoloso, dovrebbe sentirsi girare la testa più turbinosamente di una stella di neutroni. La verità è che non se ne cura, dato che per lui la scienza è solo un’etichetta da conservare bene appiccicata alla parola astrologia. Del resto, un po’ come succede per i segni astrologici, appiccicati a costellazioni che non gli appartengono più. E ciò a causa della famosa “precessione degli equinozi”, che non finisce di confondere gli astrologi, i quali parlano della non meno famosa “Età dell’Acquario”, ma senza sapere cosa sia, né quando cominci, ne quando avrà termine.

Un testo farcito di balordaggini
L’inadeguatezza culturale degli astrologi appare evidente consultando qualche loro testo, come quello firmato dal presidente del Centro Italiano di Astrologia (CIDA). Di pagina in pagina e quasi di riga in riga, è un susseguirsi di balordaggini, che dimostrano una serena ignoranza o una disarmante presunzione. Certo, non rilevate da quei recensori di comodo, i quali l’hanno incensato senza nemmeno fiatare, davanti a vocaboli (come “disturbanze”) che denunziano la fonte inglese di alcuni paragrafi mal tradotti, mal digeriti e ancor peggio impiegati. Ma questo è nulla. Si confondono elementari nozioni quale la rotazione della Terra intorno al proprio asse, col moto di rivoluzione intorno al Sole; gli equinozi, col perielio e l’afelio; le ore, con i gradi; il tempo siderale, col tempo solare vero; i raggi gamma, con le onde radio; si definisce lo zenit come la perpendicolare al piano dell’eclittica, scambiando quindi l’eclittica con l’orizzonte. E tutto ciò in un libro intitolato L’alfabeto delle stelle! Che ne direste di un tale che da un pulpito o da una cattedra pretendesse di farvi da insegnante o da guida, e poi vi accorgete che confonde i punti cardinali coi membri del Sacro Collegio? Ecco, l’autore in questione, e gli astrologi in generale, fanno qualcosa di simile. Se volete un’immagine, sono come dei tragopogoni o dei tarassaci, quelle piante dette volgarmente anche bugie o soffioni, perché vagano seducenti nell’aria, ma basta un soffio a staccarne i peli e i frutti dal capolino. Insomma, sono artisti del confusionismo, ma se glielo spiattellate, vi sgattaiolano via nei meandri muschiosi della simbologia, o in quelli pisciosi della psicanalisi, tirando in ballo l’immancabile Jung, e fingendo di capire il significato delle sue misteriose sincronicità.
Un ultimo commento su questo libro, dove, come al solito, ci si appropria indebitamente anche del nome di Eddington. Subito in apertura, se ne cita una frase dove si apprende che il nostro corpo sarebbe composto da circa 1027 atomi, e basterebbero 1028 corpi umani per formare una stella. Si osserverà che è un banale errore di stampa, e che le cifre suddette vanno lette come un 10 con, all’esponente, rispettivamente un 27 e un 28 (cioè un 1 seguito da 27 e 28 zeri). Però noi siamo convinti che sia 10 alla ventinovesima o trentesima volte più probabile, che si tratti di un ulteriore esempio di sapienza alla maniera astrologica. Da un punto di vista filosofico e di metodo, non si rifiuta l’astrologia negando le influenze cosmiche, le interazioni di tutti i corpi dell’Universo. La gravitazione, nonché le radiazioni corpuscolari e elettromagnetiche provenienti dalle stelle, sono un fatto, anche se non sono tutte e sempre rilevabili. Così, per esempio, gli oggetti che ci circondano, questo mobile, questa casa e la stessa partoriente rispetto al neonato, esercitano su quest’ultimo influenze molto più importanti delle posizioni del Sole, della Luna e dei pianeti. Invece, l’astrologia si rifiuta, perché, al contrario della scienza, è vaga nei suoi responsi, e non è “falsificabile”, proprio come non è confutabile la classica sentenza dell’oracolo: Ibis redibis non morieris in bello. Anzi, aggiungiamo che l’essenza del metodo scientifico, la fortuna, o per meglio dire il successo della scienza, non consisterebbero neppure nel metodo galileiano-newtoniano, il quale in definitiva crede in una descrizione esauriente e completa del mondo; ma nella possibilità che una teoria venga combattuta e abbattuta, per venire sostituita da una teoria migliore, anch’essa falsificabile, e così via. Cosa impossibile, dice Popper, per teorie come l’astrologia e la psicanalisi; e anche la teoria marxista della storia, trasformata dai seguaci di Marx in una tecnica divinatoria non dissimile da quella astrologica.

Una difesa contro ancestrali paure
In questo quadro, appare evidente che la scienza moderna non si accontenta più di una semplice formulazione logica e coerente; non si preoccupa più di ricercare una mitica verità assoluta, né di creare sistemi e “visioni del mondo” come quella astrologica, ma procede caso per caso, benché non rinneghi l’utilità di sistemi e teorizzazioni. Operando così, la scienza diventa sempre meno antropomorfica e più astratta. Ma se l’accusiamo di astrazione, allora significa che preferiamo una qualsiasi pseudo-scienza come l’astrologia, che dietro i termini apparentemente tecnici e presi in prestito dall’astronomia, in realtà maschera dei sogni infantili di carattere animistico e mitologico, e una difesa contro ancestrali paure.

Eccoci, dunque, arrivati al tema dell’odierna diffusione della astrologia, la quale, secondo le statistiche, conterebbe, soltanto negli Stati Uniti, oltre 30 milioni di credenti; e in tutto il mondo sarebbe la religione più diffusa, sebbene lasci quasi indenni le classi colte, specie quelle di formazione scientifica. Succederà come nel III e II secolo a.C. quando l’antirazionalismo si diffuse irresistibilmente dal basso verso l’alto, e l’astrologia conquistò le classi colte? Secondo noi è impossibile, anche se tutti sentono il bisogno di una religiosità più unificante e comprensiva, e nei cieli ad alcuni sembri di riudire il “brusio degli angeli”. La Marchesa d’Urfé non potrà rinascere; dovrà accontentarsi di belletti e di restauri al silicone, perché nonostante tutto non sono più le stelle a dominare l’uomo, ma è l’uomo che si accinge a entrare nei domini celesti e a fabbricare stelle e pianeti. E allora quale conclusione trarre sull’astrologia ? Risponderemo, anzi ripeteremo, che se fino a Copernico e Galileo era come un astro luminoso che non tramontava mai, dopo la rivoluzione scientifica è esplosa in mille pezzi, e ora ci appare come una di quelle comete che periodicamente visitano la Terra. Sono belle come l’astrologia, ma anche “fatte di niente” come l’astrologia. Sicché, almeno agli occhi della scienza, la gloriosa, millenaria avventura dell’astrologia è terminata in un “disastro”: attributo di derivazione astrologica, dal greco Dys-Astèr = cattiva stella.  

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