Delle stelle non ci si può fidare

Due scienziati (uno australiano, l’altro canadese) hanno sentenziato che gli oroscopi sono inattendibili. Questo dopo una ricerca durata quarant’anni su duemila bambini inglesi nati nello stesso giorno. Ma ci voleva così tanto tempo per dire che delle stelle non ci possiamo fidare?
Risponde Nantas Salvataggio- scrittore e novista di costume
Non so voi, ma io provo un gusto morboso quando leggo che uno scienziato di livello, magari da Premi Nobel, scopre che il fuoco scotta e l’acqua bagna. Questo mi guarisce di tante insicurezze: c’è sempre un laureato più tonto di noi. Potete dunque intuire l’ilarità che mi hanno procurato l’astrofisico Geoffrey Dean di Perth, Australia, e lo psicologo Ivan Kelly, Università di Saskatchewan, Canada: dopo 40 anni di ricerche maniacali, hanno stabilito che gli oroscopi “sono roba per i gonzi e che insomma “l’astrologia è una balla millenaria”. Con l’entusiasmo del conte di Montecristo, finalmente in possesso del favoloso tesoro, i Gianni e Pinotto della Volt Celeste ci erudiscono dall’alto della loro cattedra discutibile. E dopo averci spiegato come gli antichi ci ingannassero con la loro esoterica sapienza, ora ci esortano a gettare alle ortiche tutti i consigli di quelli che sembrano in collegamento con la via lattea.
“Impostori, truffatori, ingannatori !”, urlano ai falsi maghi Dean e Kelly. E nelle molte migliaia di pagine della loro inchiesta ci raccontano come, fin dal lontano 1958, abbiano studiato le biografie di duemila bambini inglesi, nati nello stesso giorno di marzo, più o meno negli stessi minuti. Questi individui sono stati seguiti fino all’età matura. Ebbene, prove alla mano, gli scienziati fanno a pezzi l’onorabilità dei venditori di oroscopi. Difatti, dice Kelly, se gli astrologi avessero ragione, i duemila bambini avrebbero dovuto evolversi più o meno sugli stessi binari, perché sono, per così dire, “gemelli temporali”. E invece, niente: ognuno di questi frugoletti è cresciuto con vocazioni e caratteri del tutto diversi. Come era naturale accadesse.
A ciascuno il suo destino e il suo DNA. Ma allora verrebbe voglia di inviare un telegramma ai due tenaci studiosi: “Signori, valeva la pena perdere 40 e più anni dietro a un oroscopo? Non c’era un modo più utile e dilettevole di campare?”.  

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