Alla ricerca dell'aldilà (F. Luglio 2001)

Un gruppo di ricercatori dice di avere le prove di “contatti con i morti”. La scienza scopre l’aldilà? Forse no ma…
“I risultati della nostra ricerca non possono essere spiegati con trucchi, errori o semplici coincidenze statistiche, dobbiamo considerare la possibilità che siano entrati in gioco altri meccanismi. Per esempio, la sopravvivenza della coscienza individuale dopo la morte”. Firmato (su carta intestata dell’Università dell’Arizona) Gary Schwarz, Lonnie Nelson e altri psicologi dell’human energy system laboratory di Tucson. E questo il laboratorio universitario dove sono stati effettuati i test che proverebbero la capacità dei medium di entrare in contatto con quelli che vengono comunemente chiamati gli “spiriti” dei morti. Studio pubblicato sulla rivista della più antica associazione inglese dedita all’indagine sui fenomeni paranormali (Jurnal of the Society for Psychical Research). È la prova scientifica dell’esistenza degli spiriti e dell’aldilà? La discussione, ovviamente, è aperta.

Cosa c’è dopo la morte?

L’unica cosa certa è che la ricerca dell’Università dell’Arizona ha suscitato scalpore nel mondo scientifico, e non solo. In primo luogo perché Gary Schwarz, che l’ha guidata, non è uno sperimentatore sprovveduto. In secondo luogo perché il terreno in cui si è addentrato, quello dello spiritismo e quindi dell’aldilà, suscita, de sempre, forti emozioni. E non potrebbe essere diversamente: l’umanità, fin dalle origini, si è sempre chiesta che cosa ci fosse dopo la morte. Un interrogativo angoscioso, che non ha mai trovato, a livello scientifico, soluzione. Ma che ha trovato risposte rassicuranti nelle credenze religiose di quasi tutte le culture del mondo e, più recentemente, nei cosiddetti fenomeni paranormali. La presunta capacità di comunicare con i morti, attraverso sciamani, stregoni o medium, accompagna infatti l’uomo dalla preistoria all’antica Grecia fino alla nascita, nell’800, di forme di spiritismo capaci di convincere e coinvolgere anche noti scienziati.

Fisica della resurrezione

Solo negli ultimi anni la scienza ufficiale ha però cominciato a studiare seriamente questi fenomeni. Sono stati indagati medium durante il loro lavoro, scoprendo che si trattava quasi sempre di trucchi. Sono stati oggetto di discussione e studio anche altri strani fenomeni, come i racconti di chi riesce a salvarsi da situazioni di pre-morte. Racconti che sono molto simili tra loro, indipendentemente dalla cultura e dalle origini di chi li fa. E che descrivono, per esempio, una luce in fondo a un tunnel, che attrae e che infonde pace. Un fisico Usa, Frak Tipler, ha perfino provato a dimostrare, sia pure solo teoricamente, l’inevitabilità della resurrezione. Nessuno scienziato, prima del gruppo di Schwarz, era però mai arrivato alla sorprendente e sconvolgente conclusione che sia possibile comunicare con i defunti.

Contatti verosimili

Apparentemente l’esperimento dell’Università dell’Arizona è stato impostando rispettando le procedure scientifiche. Cinque medium sono stati invitati dagli psicologi a comunicare con i defunti cari a persone che i medium non potevano conoscere. Ogni medium entrava in azione senza possibilità di vedere ne sentire la persona coinvolta e sulla quale non aveva avuto alcuna informazione. Ma in una prima fase poteva rivolgergli 5 domande (e ottenere in risposta solo un “si” o un “no”). La persona interessata era chiamata a confermare a uno sperimentatore l’esattezza degli affermazioni dei medium sull’identità, il carattere e su episodi della vita dello scomparso. Risultati? In un primo test i medium hanno risposto con un’accuratezza dell’83%, e uno di loro è arrivato addirittura al 93%. Le notizie sui defunti di una seconda persona sono state accurate al 77%. Per verificare che non ci fossero possibilità di azzeccare le risposte casualmente, gli sperimentatori hanno anche usato un gruppo di controllo, composto da 60 studenti che dovevano provare a indovinare dati sugli estinti, e che hanno raggiunto un grado di accuratezza solo del 37%.

Il ritorno della nonna

Secondo Schwarz si sono comunque verificati nel corso dell’esperimento fatti difficilmente spiegabili senza ammettere un contatto con l’aldilà. Per esempio quando un medium, informato erroneamente del cambiamento della richiedente, ha continuato a sentire la presenza della nonna defunta della signora che, in base alle informazioni a lui disponibili, non doveva esserci più. Un altro medium secondo Schwarz è perfino riuscito a comunicare con il marito scomparso da pochi giorni di un’altra signora che non gli aveva comunicato la notizia. Un corvo bianco, si dice in Inghilterra, è sufficiente a dimostrare che non tutti i corvi sono neri.”Di sicuro, i medium che sono finora stati testati negli ambienti controllati dai laboratori di ricerca non sono mai riusciti a manifestare alcun potere” afferma l’antropologa Cecilia Gatto Trocchi, dell’università di Chieti. Erano insomma tutti corvi neri. “famosi medium come l’italiana Eusapia Palladino (1854-1918) accettarono di esibirsi davanti a studiosi, ma al buio e in ambienti scelti da loro. Convinsero ricercatori come i neuropsichiatri Cesare Lambroso ed Enrico Morselli. Ma alla fine vennero sorpresi a barare”. Oggi uno dei più noti medium italiani è Laura Paradiso, ma come altri sensitivi, si è finora rifiutata di sottoporsi ai test in laboratorio.”Io l’ho incontrata” spiega l’antropologa” mi ha detto cose generiche, tranne alcuni particolari che solo io conoscevo: i nomi di mia nonna e di mio padre”.

Paradiso in fondo al tunnel

Se l’individuazione dei medium “genuini” potrebbe fornire, secondo alcuni, particolari sulla vita dopo la morte c’è chi considera la cosiddetta EPM (esperienza di pre-morte) una specie di finestra sull’aldilà. Il fenomeno è stato riscontrato negli ospedali di vari Paesi del mondo: una persona che ha un incidente grave, un arresto cardiaco, entra in coma. Se riesce a salvarsi, può ricordarsi di visioni avute quando era in quello stato. Ebbene, spesso le visioni sono le stesse (pare che accada nel 40% dei casi): il malato racconta che si trovava all’ingresso di un tunnel, alla fine del quale c’era una luce attraente che infondeva pace. A volte nel tunnel si incontrano le sagome di defunti conosciuti e amati. Molti riferiscono anche di una presenza, un conoscente o un santo, che li tira indietro, nel senso che li spinge a “salvarsi” dalla morte. “E prima della visione del tunnel, i soggetti possono in genere osservare se stessi dall’alto, come se fossero usciti dal corpo” racconta Aureliano Paciolla, docente di psicologia della personalità all’Università Lusma di Roma.

Esperienze di pre-morte

“La cosa più sorprendente è che quasi tutti provano un senso di pace e di assenza di dolore” continua Paciolla. “è statisticamente confermato che invece nei tentativi di suicidio questa sensazione manca”.A livello sperimentale si è visto che l’uso di droghe, che alcune malattie neurologiche e l’inibizione sensoriale provocata sperimentalmente possono dare luogo a visioni simili a quelle provate durante queste esperienze di pre-morte.”Ma soltanto la vera esperienza di pre-morte presenta tutte le visioni insieme” precisa Paciolla, autore di uno studio sull’argomento all’Ospedale di Savigliano (Cuneo). Quando rientrano nella normalità, di solito i soggetti che hanno provato un’esperienza di pre-morte hanno un sostanziale cambiamento di vita, con riferimento soprattutto ai valori. C’è però una controprova che mette in dubbio che l’esperienza di pre-morte sia davvero una finestra sull’aldilà: anche le persone che credono di stare morendo, ma clinicamente non sono affatto in pericolo, possono riportare esperienze complete di pre-morte.

Allucinazioni?

Secondo R. Noyes, docente di psichiatria all’Università americana dello Iowa, tutto dipende in realtà da un processo mentale. Appena ci diviene chiaro (o pensiamo) di trovarci in fin di vita, il nostro Io si autoconvince che il corpo non sia poi così importante e immagina di staccarsene, e questo si ripercuote, nello stato di incoscienza tipico del coma, nella creazione di quella visione extracorporea tipica delle esperienze di pre-morte. In genere non potendo più puntare sul futuro, il soggetto rivede a questo punto in rapida succesione il suo passato, le tappe della propria vita. La luce in fondo al tunnel invece, secondo altri psichiatri, potrebbe essere il ricordo riaffiorante della nascita, rimasto durante la vita sepolto in fondo all’inconscio.

Un cervello per pregare

Secondi gli ultimi studi, comunque, il nostro cervello sembra avere aree “dedicate” all’esperienza mistica, e forse anche a percepire il senso dell’assoluto e l’aldilà. Con una speciale tecnica di tomografia computerizzata, Andrew Newberg, neuroscienziato dell’Università di Pennsylvania, ha visto che soggetti impegnati nella meditazione mistica e nella preghiera utilizzano aree del cervello, minimizzando la funzione di altre. In altri esperimenti, in cui è stato stimolato il sistema limbico, si è riusciti a provocare nei pazienti esperienze emotive di tipo religioso. Che si è visto possono emergere anche con le crisi epilettiche che interessano i lobi temporali e il sistema limbico. Il neurologo Michael Persinger, della Laurentian University in Ontario, riesce a provocare visioni mistiche, con presenza di spiriti, in persone sottoposte a stimolazioni magnetiche con uno speciale “elmetto”. “Ma queste visioni sono molto collegate, per contenuto, al tipo di educazione religiosa che i soggetti trattati hanno avuto. Sembrano insomma più frutto dell’esperienza individuale che di una visione dell’aldilà” spiega il neurologo. “Esiste cioè una struttura del cervello predisposta a gestire la religiosità ma che non ha un contenuto stabilito, quest’ultimo ci viene dalla cultura”. Sono sufficienti questi studi a spiegare visioni, credenze, contatti con gli spiriti dei defunti e altre manifestazioni mistiche? Anche questo, almeno per il momento, è tutto da dimostrare.

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