La mitica pietra filosofale? La cercò perfino Newton

Non solo Cagliostro tentava di mutare ferro in oro
Non ci sono dubbi. Lo scienziato inglese che scoprì la dispersione della luce bianca in colori, il matematico che inventò il calcolo infinitesimale, il padre della fisica moderna (che secondo la leggenda dopo esser stato colpito in testa da una mela mentre sedeva sotto un albero elaborò la teoria della gravitazione universale), ha un passato di alchimista.
Isaac Newton, che con Galileo condivide il merito d’aver posto le basi della meccanica, ha cercato per anni la “pietra filosofale”, come un mago medievale, o più precisamente come il misterioso conte di Cagliostro.
La recente scoperta di un manoscritto di 16 pagine in cui il maggior artefice della Rivoluzione Scientifica Moderna tralascia ogni considerazione sulla metafisica razionalistica per annotare i segreti alchemici che avrebbero dovuto trasformare comuni metalli in oro, dimostra quanto interesse, almeno nei primi anni dei suoi esperimenti, lo scienziato abbia posto nello studio di dottrine e pratiche considerate alla stregua di stregonerie: gli alchimisti oltre alla maniera per trasformare i metalli in oro cercavano infatti anche l’elisir di lunga vita e altre miracolistiche diavolerie.
Che lo scienziato si fosse interessato anche di alchimia probabilmente non stupirà quanti ne conoscono vita e opere. L’economista John Maynard Keynes, che acquistò i suoi scritti privati, osservò che Newton “non fu il primo dell’età della Ragione, ma l’ultimo dei maghi”. E non esagerava. Infatti Kob Iliffe, capo di “Newton Project”, come sono chiamate le ricerche e gli studi che sullo scienziato inglese vengono fatti all’Imperial College di Londra, ha spiegato: “Newton era affascinato dalla prospettiva di tramutare un metallo in un altro. E credeva clic la vita dei metalli fosse l’esatto opposto di quella degli alberi, cioè che gli uni crescessero sotto terra, e gli altri sopra”, II manoscritto, dimenticato dopo un’asta di Sotheby’s avvenuta nel 1936 è stato ritrovato un paio d’anni fa da un libraio londinese tra migliaia di antichi fogli non catalogati. E oggi la trascrizione di quelle pagine non solo dimostra l’interesse del fisico-matematico per crogioli e alambicchi, ma anche, come suggerisce Iliffe: “che le concezioni sviluppate da Newton sui temi cari a quanti hanno cercato la pietra filosofale, l’hanno condotto alle sue scoperte successive, specie nel campo della fisica. E visto che una delle menti scientifiche più geniali di tutti i tempi ha cercato proprio tra le pieghe della più esoterica di tutte le arti prima di arrivare a formulare la sua concezione dell’universo, visto come una macchina governata da leggi fisse, questo dovrebbe portarci a prendere più seriamente l’alchimia”.

Anna Tagliacarne su LIBERO del 07 febbraio 2006

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