Aerei nella preistoria

di Adriano GIORGIONE
Monili d’oro precolombiani realizzati circa 2000 anni fa e analoghi artefatti egiziani di aspetto aerodinamico imbarazzano gli archeologi che li identificano con oggetti di culto zoomorfì. Nette tradizioni più antiche forse la risposta al loro significato.
Modellino di aereo Incas L’oro per gli Incas era “il sudore del Sole” e in tutte le culture americane trovò impiego soprattutto in oggetti di culto associati al potere divino e alla condizione regale. Nessun valore economico era assegnato a questo metallo che per quelle popolazioni era quindi esclusivamente “spirituale”. L’oreficeria precolombiana è diversificata in trE zone principali: l’area peruviana; l’area andina settentrionale (Ecuador, Colombia, Venezuela); la Mesoamerica (Messico, Guatemala, Honduras ed El Salvador) oltre ad alcune regioni con produzioni inferiori. Ciascuna area ha prodotto esemplari di grande rilievo e tuttora molti artefatti restano inspiegabili.
Gli aerei d’oro Calima
In questo contesto presentiamo le anomalie di alcuni oggetti appartenenti alla cultura Calima, tipica dell’area andina settentrionale, nella Valle del Cauca in Colombia e più generalmente nell’aspra Aereo d'oro di Calimacordigliera che degrada sino all’Oceano Pacifico. I Calima occuparono questa regione tra il I sec. a.C. e il II sec. d.C. e svilupparono un fiorente artigianato orafo, la cui tecnica a cera perduta fece sì che ogni creazione fosse unica nel suo genere.
Sebbene la bramosa ricerca di oro da parte dei Conquistadores abbia portato alla scomparsa e alla fusione di opere uniche e dal valore inestimabile, molti di questi oggetti, tra cui le miniature di cui ci occuperemo, sono tuttora esistenti ed ammirabili in diversi luoghi di esposizione nel mondo. Tra queste miniature, scoperte circa trent’anni fa dall’archeologo Alan Landsburg in alcune sepolture calimaAerei d'oro di Calima risalenti ad un periodo compreso tra i 2.000 e i 2.200 anni fa, ve ne sono alcune, poco più di una decina, che vengono definite dagli archeologi “Colganti Zoomorfì” ovvero “composizione avente forma animale” oppure “pappagalli” o “pesci”. E’ comunque evidente che in comune con i pappagalli hanno ben poco. Per molte di queste addirittura il viso appare umanizzato, con occhi naso e bocca e nessuna mostra il becco tipico di un uccello. La maggior parte dei monili è esposta al Museo dell’Oro di Bogotà, presso la Banca Nazionale della Colombia, un’altra è in possesso del Museo Britannico di Londra, ed ancora allo Smithsonian Institute di Washington, mentre pochi altri esemplari fanno mostra di sé in collezioni private. Tutte misurano poco più di 5 centimetri e sono tra gli artefatti precolombiani più stupefacenti al mondo.
Infatti, sebbene gli esperti di culture preispaniche li interpretino come oggetti di culto dalla forma “animale” la loro aerodinamicità è sorprendentemente analoga a quella dei moderni aerei a reazione con ali a Delta. Può apparire incredibile ma questa caratteristica è stata verificata da alcuni esperti ingegneri aeronautici che hanno verificato la loro attitudine al volo.
In grado di volare
Nel suo libro Misteri dei Mondi Dimenticati, pubblicato nel 1972, il noto scrittore Charles Berlitz riporta che queste miniature vennero mostrate all’ingegnere tedesco J.A. Ulrich, pilota di aerei a Aereo Paleolitico in Miniatura reazione, il quale dopo attenta analisi dedusse che l’artefatto riproponeva perfettamente un caccia a reazione SAAB F-104, un modello, allora, appena entrato in dotazione all’Aeronautica svedese.
Anche il tenente Peter Belting, Ufficiale radarista tedesco, si interessò alle miniature calima, selezionando una di queste e riproducendola in scala per valutarne la sua reale aerodinamicità. Impiegando materiale di schiuma leggerissimo replicò in scala 1:16 l’esemplare esposto allo Smithsonian Institute dotandolo di motore elettrico e radiocomando. I test eseguiti sul modello hanno dimostrato che si trattava di un aereo manovrabile in tutte le situazioni di volo con un’eccellente stabilità nel volo a vela, cioè a motore spento e in fase di attcrraggio. AltriRicostruzione di un aereo - Periodo Paleolitico ricercatori hanno replicato i risultati di Belting. Gli spagnoli Romàn Molla, Justo Miranda e Paula Mercado hanno ricostruito modelli in scala di questi piccoli monili, e sottoponendoli al tunnel del vento, a programmi di analisi informatica e simulazioni di volo, hanno confermato che le miniature calima erano perfettamente aerodinamiche e adatte al volo. Arthur Pyslee dell’Aeronautica Institute of New York, negli anni ’70 effettuò dei test nella galleria del vento. Ecco una parte significativa della relazione finale: « E’ assai improbabile che l’oggetto rappresenti un pesce o un uccello. Non esistono uccelli tanto strani e in quanto ai pesci, l’unica vaga analogia si potrebbe riscontrare in un Selacio, una razza, che forse l’ignoto artigiano della Colombia, molto lontano dal mare non può aver mai visto. Le ali hanno una discreta portanza e le pinne sono disposte come timoni e piani di coda».
Sebbene gli archeologi non abbiano accettato queste spiegazioni come “possibili”, resta il fatto che si tratta di analisi fatte da esperti di volo e da ingegneri che a tal fine hanno prestato la loro competenza, permettendo a delle repliche identiche, solo maggiori di dimensioni, di volare realmente. A questo punto, ci si chiede come sia possibile che popolazioni vissute circa 2000 anni fa fossero a conoscenza di tecnologie tipiche della nostra epoca.
Avevano visto qualcosa che riprodussero in un Culto Cargo (culto legato ad oggetti tecnologici divinizzati) oppure replicavano il ricordo mitizzato di macchine appartenenti ad epoche precedenti e ad una cultura evoluta scomparsa? Le ipotesi archeologiche ufficiali su queste miniature non soddisfano e l’unico vero dato significativo è emerso proprio dalla volontà di ricercatori di frontiera e ingegneri che hanno tentato di ottenere, con successo, nuovi dati attraverso le più disparate discipline scientifiche.
I Patuvwotas degli Hopi
La tecnologia antidiluviana suggerita dalle miniature può trovare riscontro proprio nei miti di popoli amerindi. Spostandoci a Nord della Colombia, precisamente nel New Mexico troviamo il piùPiccolo aereo antico in oro antico ed enigmatico ceppo razziale preispanico, gli Hopi. Questi si dichiarano il primo popolo ad avere occupato le terre del Nuovo Continente dopo il diluvio che rappresentò la fine dell’era precedente (quella che per gli Hopi è la terza. Attualmente secondo i calcoli Hopi saremmo alla fine della quarta era o umanità) ed hanno conservato per millenni le loro tradizioni orali nella massima segretezza, passandole da una generazione all’altra attraverso un solo e unico individuo che chiamano “il Custode della Profezia”. Questo ha fatto sì che quanto tramandato, circa la loro storia, sia rimasto integro e privo di influenze culturali esterne. Ecco cosa ci dicono gli Hopi riguardo a quell’epoca scomparsa: «/ sopravvissuti alla seconda purificazione uscirono in superfìcie e diedero vita al terzo mondo, chiamato Kuskurza (parola antichissima, di significato ignoto anche per gli Hopi). L’umanità ebbe un’altra possibilità. Seguendo la parola del Grande Spirito, gli uomini si moltiplicarono sino a formare una complessa civiltà che edificò grandiPiccoli aerei antichi in oro città e sviluppò una scienza complessa, ma utilizzata a fini bellici in una guerra di sopraffazione. Con i loro velivoli, i Patuwvotas, gli uomini superavano grandi distanze e aggredivano i nemici. Ecco, l’umanità aveva di nuovo abbandonato la via della pace. Allora il Grande Spirito volle punire gli uomini e si rivolse a Sutuknang che diede ordine alla Donna Ragno di mettere in salvo i meritevoli su imbarcazioni impermeabili (un’analogia con la biblica Arca di Noè). Sulla Terra si riversarono ciclopici marosi e le città e i continenti sprofondarono nel mare. Fu così che la terza umanità fu annientata da un diluvio».
Gli Hopi, al di là di qualsiasi interpretazione, serbano memoria, come tutte le culture mondiali, di uno spaventoso diluvio che cancellò una civiltà che in questo caso viene apertamente descritta come avanzata tecnologicamente. I Patiiwvotas descritti dagli Hopi sono le stesse macchine che hanno originato il culto di cui i modellini aurei dei Calima sono testimonianza? Vero è che le descrizioni tecnologiche dei Patuwvotas, possono collegarsi ai Vimana della letteratura vedica, apparecchi volanti che nei testi sanscriti vengono descritti con termini scientifici inequivocabilmente moderni.
L’Uccello di Saqqara
Ulteriore indizio sull’esistenza di velivoli aerodinamici nel passato si trova al Museo Egizio del Cairo (o si trovava visto che il reperto è scomparso dalla teca dove era conservato e nessuno ci L'Uccello di Saqqara dirà mai dove è finito). Registrato con il numero di catalogo 6347 è un reperto di legno che, secondo la prima classificazione fatta dai suoi scopritori, rappresenterebbe un uccello stilizzato, del peso di 39,12 grammi. Fu rinvenuto in una tomba di Saqqara nel 1898 e rimase nei magazzini del museo egizio fino a quando nel 1969 venne “riscoperto” dall’archeologo egiziano Khalil Messiha che lo sottopose ad un esame minuzioso. Il suo aspetto, anomalo per essere quello di un uccello in quanto le ali sono dritte, il piano di coda rialzato e il corpo centrale lavorato in modo aerodinamico, attirarono la sua attenzione. Il reperto, lungo 14 centimetri con un’apertura alare di 18 centimetri ha poche decorazioni (occhi simbolici e una corta riga sotto le ali) e non vi è traccia di zampe. La scoperta di questo modello portò il 23 dicembre 1971 ad istituire una Commissione Tecnica formata da esperti di aeronautica, coordinata dall’allora Ministro della Cultura egiziano Gamal ElDin Moukthar.
All’analisi della commissione le proporzioni del modello e la struttura ricordavano un modello in miniatura di un moderno aereo. In base ai calcoli sulle componenti aerodinamiche e di portanza, il modello venne addirittura indicato come “adatto al volo”. Durante la prima serie del ciclo diUccello di Saqqara trasmissioni “Stargate, linea di confine”, l’egittologo Francesco Tiradritti ebbe un confronto con chi scrive circa l’aerodinamicità del reperto e la natura delle conoscenze degli Egizi e dei Calima, che mitizzarono forse conoscenze perdute. A tal proposito è da precisare che l’aereo di Saqqara per volare “non batte le ali” come Tiradritti affermò in piena difesa della visione ortodossa, ma sfrutta come gli alianti la portanza alare e le correnti ascensionali. Come si spiega che un genio come Leonardo Da Vinci tentò invano di costruire una machina volante mentre popolazioni così antiche conoscevano già i principi dell’aerodinamica? L’aspetto di questi reperti è così esplicito che sembra impossibile che s’ignori ancora il loro importante significato. 

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